“La storia non si fa con i se” sosteneva Benedetto Croce. Certamente non sappiamo come sarebbe esattamente il mondo se qualche elemento fosse mutato. Eppure c’è un desiderio profondo che porta a interrogarci su questo tema. Ad esempio nel dopoguerra si sono succedute numerose opere che hanno cercato di immaginare come sarebbe stato il mondo se Hitler non avesse perso la guerra. Nel 1962 Philip Dick ha pubblicato La svastica sul sole (forse ispirandosi a It Can’t Happen Here, un libro degli anni Trenta in cui Sinclair Lewis immagina che nel 1936 divenga presidente degli Usa un demagogo nazista). Nel 1992 Robert Harris pubblica Fatherland (da cui è stato tratto un film), e ancora nel 2004 Philp Roth scrive Il complotto contro l’America, un romanzo in cui le elezioni Usa del 1940 sono vinte dal famoso aviatore Lindbergh, di note simpatie naziste. Nel 1933 Roosvelt è fatto segno di un attentato: nella realtà sopravvisse e continuò a governare; nel libro di Roth invece muore. La versione cinematografica di Fatherland (di cui “Mappe” riporta alcune sequenze) è particolarmente impressionante (non per il valore artistico, ma per quello documentario) quanto riporta scene dell’Europa nel 1964: i vestiti, le auto, le acconciature sono quelle che conosciamo. Ma Hitler è al potere e ci sono i manifesti per il suo 75° compleanno.
Certo, “la storia non si fa con i sé”. Eppure può servire riflettere sulle conseguenze che alcune scelte portano dietro di sé. E che alcuni automatismi storici possono essere infranti, per aprire prospettive nuove. Cosa sarebbe successo in Sudafrica se la maggioranza nera si fosse vendicata militarmente dei decenni di segregazione razziale imposti dalla minoranza bianca? Di solito ci aspettiamo scenari infiniti di violenze, ritorsioni, sofferenze. Che cosa sarebbe successo se la segregazione non fosse stata sconfitta? “Mappe” propone le figure del vescovo anglicano Desmond Tutu e di Nelson Mandela. Quando uscì di prigione, il suo primo messaggio fu: «riconciliazione e unità»; e molti si sorpresero nel vedere il leader che dopo tanti anni di prigione parlava, senza tracce di amarezza, di riconciliazione. Ma è proprio a partire da questo messaggio di comprensione e di riconciliazione che si è reso necessario riesaminare il passato.
«Ci uccidiamo a oltranza, per arrivarci, oppure cerchiamo un’altra soluzione?».