“Mappe” riprende il suo percorso sulla paternità offrendo spunti di riflessione a partire da come nel passato si configurava il rapporto padri/figli. Non si tratta solo di una curiosità storica, perché molti aspetti del nostro presente non sono comprensibili senza la conoscenza del passato.
Platone è un autore che influenza la storia successiva. Aveva scritto circa l’educazione dei figli: “Il giovane non è in grado di giudicare ciò che è allegoria e ciò che non lo è: tutte le impressioni che riceve a tale età divengono in genere incancellabili e immutabili”: quindi non bisogna mostrare neppure nella letteratura comportamenti sconvenienti verso i padri.
La famosa questione dei “figli in comune” va letta come una provocazione per evitare che sia la discendenza e non il merito a determinare le carriere. I figli dovranno considerare genitori tutti gli adulti della generazione precedente.
Molti autori, anche teologi e filosofi, hanno parlato della paternità anche a partire dalla loro stessa esperienza di padri (a volte travagliata): sant’Agostino a 18 anni diviene padre di Adeodato, Abelardo ha un figlio dalla bellissima e giovane allieva Eloisa-
I bambini in età antica non sono considerati una vera e propria persona: sarà Gesù a scandalizzare i benpensanti (e anche i suoi discepoli) chiamandoli a sé.
Abelardo scrive: “Ti guidi sempre la misura della buona fede reciproca, sapendo che se non sarai disposto a condividere ciò che ami non otterrai ciò che desideri”.
Poi c’è il rapporto dei figli con i padri. Il padre ha quasi un ruolo divino, come in Abelardo: “La maledizione dei padri è veloce vendetta divina”. Lo stesso comandamento divino impone di “onorare” il padre.
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Precedenti puntate sulla paternità: 32, 33, 36.
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