Riportiamo, nel blog di TSD dedicato alla Terra Santa e al Medio Oriente, la testimonianza di Lorenzo, 29 anni, ex collaboratore della nostra emittente e del settimanale La Voce, che recentemente ha compiuto un pellegrinaggio in Israele e Palestina. Un viaggio di vita, per capire una realtà estremamente complessa ma molto più vicina di quanto si possa credere:
Nazareth, Basilica dell’Annunciazione
Dal 18 al 25 aprile, con la mia parrocchia “San Donato in Maccagnolo” (Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, ndr), ho fatto un pellegrinaggio in Terra Santa. Durante il pellegrinaggio abbiamo visitato tutti i luoghi sacri del cattolicesimo. Dalla Casa di Maria a Nazareth, alla Basilica della Natività a Betlemme sino al Santo Sepolcro a Gerusalemme. Una settimana in quei luoghi è bastata per capire come il conflitto in Terra Santa dal punto di vista politico o dal punto di vista religioso sia sempre dietro l’angolo. Ogni giorno di pace viene conquistato con il compromesso e con la fatica.
Le differenze essenziali le ho notate dal punto di vista politico-economico. Israele è uno Stato moderno, efficiente e tecnologicamente avanzato. Da quando, nella seconda metà dell’Ottocento, la grande finanza e i grandi magnati ebrei hanno cominciato ad acquistare territori lungo la costa, il popolo ebraico è riuscito a rendere questo territorio florido e ricco. In contrapposizione a questo c’è il territorio palestinese. Questo è brullo, adatto ad una popolazione nomade (non a caso vi si trovano molti beduini). Non avranno le stesse capacità degli Israeliani nello strappare terra al deserto, ma oggettivamente le condizioni per sviluppare un’economia florida non sono le stesse.
Muro di Separazione tra Israele e Palestina
Ma per il popolo palestinese va bene anche così. L’importante è avere un luogo dove poter vivere. Anche se il proprio territorio è attorniato da un Muro. Dalla Road Map del 2003 voluta da Benjamin Netanyahu (primo ministro israeliano, ndr), l’erezione di un Muro è sembrata l’unica soluzione per contrastare la presenza araba in Palestina. La sensazione è che il governo israeliano abbia voluto contenere il popolo palestinese come dentro ad una riserva indiana, con la stessa brutalità con cui è stato eretto il muro a Berlino nel 1961. Per i Palestinesi, molti dei quali lavorano in Israele, la difficoltà sta nel poter uscire dal proprio territorio per andare a lavorare oppure per incontrare un parente (dato che il Muro è stato eretto arbitrariamente) e nel poter rientrare la sera nella propria casa. I controlli per passare dalla Palestina ad Israele sono molto severi e diventa abitudine vedere centinaia di macchine in coda in prossimità dei check-point. La rabbia del popolo palestinese è momentaneamente sopita, ma se in futuro la loro condizione rimarrà così dubito che non ci saranno delle rivolte. Loro hanno bisogno solo di un po’ di terra in cui vivere ed è compito del governo israeliano concedergliela.
Anche dal punto di vista religioso e spirituale, la presenza delle tre grandi religioni monoteiste nello stesso territorio è una particolarità unica al mondo. Ci sono gli ebrei ortodossi con i loro boccoli e i vestiti di ordinanza; gli arabi musulmani, con i loro minareti e le moschee; infine, i francescani, custodi della Terra Santa, ultimo baluardo del cattolicesimo in Terra Santa.
Gerusalemme, quartiere cristiano
Le più grandi sensazioni da questo punto di vista le offre Gerusalemme, una città che, per la sua particolare configurazione religiosa, dovrebbe essere vissuta almeno una volta nella vita.
Da sempre terreno di battaglie – religiose, politiche e militari – a Gerusalemme il conflitto tra culture diverse è sempre dietro l’angolo. Ci sono luoghi dove ho avvertito una tensione molto forte: sulla cosiddetta Spianata delle moschee, tra la Moschea di Al-Aqsa e i resti del Tempio di Davide, ma anche all’interno della Basilica del Santo Sepolcro, dove i diritti di celebrare le messe o di fare una processione sono stabiliti dallo status quo di metà Ottocento.
Ho notato comunque una grande solidarietà e tolleranza tra arabi, cristiani e cattolici, nella gestione del luogo del Santo Sepolcro. Ognuno aiuta l’altro perché sa che ci sono voluti anni per conquistare il diritto di celebrare una messa oppure di fare una processione, perciò nessuno vuole che i diritti di un gruppo religioso vengano lesi.
Gerusalemme, Muro del Pianto
La speranza della pace è anche questo. Come quando davanti al Muro del Pianto, mentre stai celebrando la messa con il tuo gruppo parrocchiale, ti può capitare di sentire in lontananza le preghiere di un muezzin. Ognuno in quel momento viveva la propria spiritualità senza dare fastidio agli altri.
La speranza è che in futuro a Gerusalemme, come in tutto il Medio Oriente, ognuno possa fare un passo indietro per riuscire a convivere con altre culture e altri costumi. Il modo potrebbe essere diverso da quello elaborato in Europa, con la costituzione di un’unità economico-politica. Si potrebbe semplicemente trattare di una convivenza basata sulla solidarietà e la consapevolezza che quei luoghi appartengono prima di tutto all’umanità.
Il mondo guarda Gerusalemme, laboratorio della pace nel Medio Oriente.
Lorenzo Magnanenzi