Questo pomeriggio le forze aeree israeliane hanno bombardato la Striscia di Gaza, colpendo quattro diverse zone, ma senza provocare vittime. L’IDF (Israelian Defence Force) ha dichiarato che gli obiettivi sono stati un sito di produzione di armi, due tunnel nella zona sud della Striscia e un “centro di attività terroristica” a nord. Lo riporta il sito del quotidiano israeliano Jerusalem Post.
“E’ la risposta ai colpi sparati questa mattina contro le nostre forze che lavorano vicino al confine” ha dichiarato il portavoce dell’esercito Peter Lerner, aggiungendo: “I soldati dell’IDF si sono trovati sotto il fuoco terrorista mentre erano impegnati in attività anti-terroristiche. Tentativi di attaccare i militari non saranno in alcun modo tollerati dall’IDF”.
Secondo l’agenzia stampa palestinese Ma’an, che riporta le testimonianze degli abitanti, i bombardamenti hanno colpito due fattorie nel quartiere di al-Manara, a Khan Younis, e un tunnel appartenente alle Brigade al-Qassam di Hamas, nel nord della Striscia. Testimoni dichiarano che le forze israeliane hanno colpito anche un centro di formazione per le Brigade al-Quds della Jihad: il luogo era vuoti e non si riportano feriti.
Un colpo di mortaio sparato da Gaza è caduto questa mattina nella regione di Eshkol, in Israele, a ridosso della Striscia. Lo hanno scritto questa mattina i media israeliani spiegando che non ci sono stati né danni né vittime.
Gli eventi di oggi – come riporta il Jerusalem Post – seguono ad un bombardamento israeliano, che lo scorso giovedì ha colpito due lanciarazzi sotterranei nel nord della Striscia. L’operazione, a sua volta era una risposta all’attacco di mortaio avvenuto nella stessa giornata verso il sud di Israele. Anche in quel caso non si sono registrati feriti.
I reciproci attacchi sul confine tra le due parti si registrano ad un anno dalla terribile operazione militare “Pillar of Defence”, che l’aviazione israeliana ha condotto nel novembre 2012 contro la Striscia di Gaza, facendo oltre 130 vittime in otto giorni. Altre tensioni, con lanci di razzi e bombardamenti, si erano registrati appena venti giorni fa, con quattro vittime dalla parte dei Palestinesi.
Intanto l’Urwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che provvede ai bisogni fondamentali dei rifugiati palestinesi, ha dichiarato in un comunicato stampa che 19 dei 20 progetti di costruzione messi in atto a Gaza sono bloccati per le restrizioni imposte da Israele. Poco dopo avere scoperto il 13 ottobre scorso un tunnel scavato da Hamas, che sfocia nel proprio territorio, Israele ha deciso di sospendere l’autorizzazione per l’importazione nel territorio palestinese dei materiali di costruzione.
La Striscia sta soffocando nella morsa delle restrizioni imposte da una parte da Israele e dall’altra dall’Egitto, che con la caduta dei Fratelli Musulmani vicini ad Hamas, ha interrotto i rapporti di amicizia con il movimento che governa la Striscia. A farne le spese è la popolazione civile, che da settimane tenta di sopravvivere senza elettricità e senza carburante, che prima venivano riforniti grazie ai collegamenti con l’Egitto.
Il blocco energetico sta portando il Paese sull’orlo del disastro ambientale, in particolare a Gaza City, dove i liquami fognari sommergono ormai le strade di un quartiere centrale della città. La mancanza di carburante, infatti, ha bloccato l’attività di uno dei più grandi impianti di trattamento delle acque reflue. Secondo funzionari locali, la melma, che sgorga dai tombini, rischia di allagare le abitazioni dei residenti, mentre fanno il giro del mondo le foto dei bambini costretti a guadare i liquami che ricoprono le strade del centro.