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Negoziati di pace, Israele rilascia 26 detenuti palestinesi

31/12/2013 / Redazione / Blog, Terra Santa
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Israele ha liberato nella notte 26 detenuti palestinesi, nel quadro degli impegni presi per rilanciare i negoziati di pace sponsorizzati dagli Stati Uniti. Alle due ora locale, 18 detenuti sono arrivati a Ramallah e sono stati condotti al palazzo presidenziale, per una cerimonia ufficiale con il presidente Mahmoud Abbas. Altri tre prigionieri, originari di Gaza, sono stati lasciati al valico di Erez per rientrare nella Striscia, mentre gli ultimi cinque sono stati rilasciati a Gerusalemme Est, come ha spiegato il portavoce dei servizi carcerari israeliani, Sivan Weizman.

Nella notte, decine di nazionalisti ebrei hanno superato i recinti di protezione della residenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu, a Gerusalemme, per protestare contro l’imminente liberazione dei detenuti palestinesi. “Bibi (il soprannome di Netanyahu), è ora che tu ti svegli”, hanno scandito per circa mezz’ora, prima di essere dispersi dalla polizia, colta di sorpresa dalla manifestazione notturna.

Nelle stesse ore altri gruppi di manifestanti hanno dato fuoco a pneumatici in uno dei principali ingressi di Gerusalemme e hanno brevemente interrotto il traffico.  Se, sul piano negoziale, la liberazione dei detenuti palestinesi appare un piccolo passo avanti, Israele rischia di farne due indietro sulla questione del controllo  e di nuovi progetto edilizi nella Valle del Giordano, su cui si  sta spaccando lo stesso governo.  Ancora una volta dunque le trattative israelo-palestinesi destano palpitazioni, mentre il segretario di stato americano John Kerry si accinge, giovedì, a riprendere la spola interminabile fra il premier Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen, allo scopo di definire un “accordo quadro” che faccia da base ad intese definitive di pace. Ieri, mentre venivano completati i preparativi per la liberazione dei 26 detenuti (terzo scaglione di quattro complessivi), una commissione ministeriale israeliana ha discusso in via preliminare una bozza di legge, potenzialmente destabilizzante, relativa all’estensione della legge israeliana nella Valle del Giordano ad una ventina di villaggi agricoli dove risiedono complessivamente 15mila ebrei. Su questa proposta, avanzata dalla parlamentare del Likud Miri Regev, il governo si è spaccato. Otto ministri hanno approvato il suo passaggio al parlamento, dove dovrebbe essere discussa in tre letture. Ma la negoziatrice Tzipi Livni, leader del partito centrista ha-Tnua’, ha replicato che si tratta di una iniziativa “irresponsabile” e ha votato contro, assieme ad altri due ministri. Molto allarmata anche la prima reazione del negoziatore palestinese Saeb Erekat, secondo il quale, se davvero Israele procedesse all’annessione della Valle del Giordano, “metterebbe fine al processo di pace”.

Intanto, Israele deve fare i conti con un altro fronte, che si è riaperto nelle ultime ore: quello con il Libano. Il governo di Tel Aviv ha inoltrato una protesta formale all’Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon, ovvero la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite) in seguito al lancio di razzi Katyuscia dal Libano meridionale verso la Galilea. Lo ha affermato un portavoce militare, secondo cui si è trattato di una “infrazione inaccettabile della sovranità di Israele, che ha messo pericolo la vita di migliaia di abitanti”. In reazione, l’artiglieria israeliana ha indirizzato decine di obici verso la zona da cui è partito l’attacco.

 

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