E’ passata poco più di una settimana dall’invocazione alla pace nei Giardini Vaticani. Ma il Medio Oriente non sembra rispondere all’appello al dialogo lanciato da Papa Francesco, Shimon Peres, Mahmoud Abbas e dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.
Siamo ormai al quinto giorno dell’operazione lanciata da Israele per ritrovare i tre giovani israeliani scomparsi giovedì 12 giugno nei Territori Occupati Palestinesi. Si tratta di due 16enni e un 19enne, Gilad Shaar, Naftali Frenkel e Eyal Yifrah, allievi della scuola rabbinica di Gush Etzion, situata nell’insediamento di coloni di Etzion, tra Betlemme e Hebron. Uno dei tre ragazzi è cittadino statunitense.
Fin dall’inizio, il governo di Tel Aviv ha accusato Hamas di essere il mandante del rapimento: il movimento islamista ha sempre negato. Dopo alcune ore è arrivata la rivendicazione da parte del gruppo salafita di Daulat al-Islam. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha telefonato ieri al presidente palestinese Mahmoud Abbas. ”Mi aspetto – gli ha detto – il suo intervento per far tornare a casa i ragazzi rapiti e per catturare i rapitori”.
”I rapitori di Hamas – ha sostenuto Netanyahu, secondo un comunicato del suo ufficio – sono partiti da aree che si trovano sotto controllo dell’Anp (autorità Nazionale Palestinese, ndr), e là sono rientrati”. ”L’episodio – ha dichiarato ancora il premier israeliano – evidenzia il carattere del terrorismo che noi combattiamo”.
Dal momento della scomparsa, nei Territori Palestinesi si è scatenata la ricerca a tappeto da parte dell’esercito israeliano, con blitz, perquisizioni e arresti, soprattutto tra gli esponenti politici palestinesi. Ieri è stato arrestato anche il presidente del Parlamento palestinese Aziz Dweik, esponente del movimento islamista di Hamas. Durante una serie di arresti nel campo profughi di Jalazone, nei pressi di Ramallah, è morto un ragazzo palestinese di 19 anni, Ahmad Arafat, raggiunto al petto da colpi di arma da fuoco israeliani mentre manifestava contro il raid.
Al momento sono circa 200 le persone arrestate da Israele nell’ambito dell’operazione: tra questi figurano anche alcuni dei prigionieri palestinesi rilasciati nelle ultime fasi dei negoziati di pace. Nelle ultime ore i militari si sono spostati a Nablus: fonti militari israeliane, citate dall’Ansa, riferiscono che qui sono entrati in azione un migliaio di militari. Decine di membri di Hamas sono stati tratti in arresto. Israele, secondo queste fonti, ignora ancora se i tre ragazzi siano ancora in vita.
Intanto, l’aviazione militare israeliana ha lanciato nella notte quattro raid sulla Striscia di Gaza, in risposta a un razzo lanciato verso il territorio di Israele. Lo rende noto l’esercito: “In risposta ad un razzo lanciato ieri sera (domenica 15 giugno, ndr) verso Israele, l’aviazione ha attaccato un sito di attivisti terroristi e due depositi di armi nel sud della Striscia di Gaza ed un edificio usato per la produzione di armi nel nord”, spiega un comunicato. La vasta operazione militare coinvolge in totale circa 3.000 militari, tra soldati e poliziotti.
Da parte sua, il presidente palestinese Abbas ha condannato il rapimento dei tre ragazzi israeliani, denunciando però la violenta repressione condotta da Tel Aviv per trovare i responsabili: “Entrambe le parti devono astenersi dalla violenza” ha dichiarato Abbas.
La rabbia di Tel Aviv, amplificata dalla scomparsa dei tre ragazzi, scaturisce dalla nascita del nuovo governo di unità nazionale che dopo anni riunisce Fatah e Hamas, e che ha ottenuto l’approvazione di Stati Uniti, Unione Europea ed Onu. Il premier Netanyahu, nel comunicato stampa, ha ribadito che la partnership politica di Hamas ”è un male per Israele, un male per i palestinesi e un male per la regione”.
Il gabinetto di sicurezza israeliano – a cui hanno preso parte Netanyahu, il ministro della difesa Moshe Yaalon, il numero uno dell’esercito Benny Gantz e il capo dello Shin Bet, Yoram Cohen – ha deciso per un aumento della pressione su Hamas e per l’inasprimento delle condizioni per i militanti rinchiusi nelle carceri israeliani. Tel Aviv, inoltre, aumenterà gli sforzi diplomatici per “delegittimare” l’accordo Hamas-Fatah che ha portato al governo di unità palestinese.

“Faremo di tutto per riportare a casa i nostri ragazzi”: la campagna delle forze militari israeliane su Twitter
Intanto l’inasprirsi dei rapporti tra israeliani e palestinesi arriva anche sul web: l’hashtag twitter #bringbackourboys (ridateci indietro i nostri ragazzi), lanciato in solidarietà con i tre rapiti, è stato presto inondato da messaggi di attivisti palestinesi che hanno postato immagini di arresti di giovani arabi da parte dell’esercito israeliano. Molte foto fanno riferimento alla morte dei due adolescenti palestinesi uccisi il mese scorso dall’esercito presso la prigione di Ofer a Ramallah.
Intanto su Facebook sono oltre 19mila i fan della pagina, creata appena quattro giorni fa, dal titolo ”Finchè tornano i nostri dispersi, uccidiamo almeno un terrorista palestinese all’ora”.
Coinvolto nella vicenda anche l’Egitto, che, come riporta l’Ansa, ha chiesto ad Israele di dar “prova di saggezza e massima cautela” evitando di far degenerare la situazione e cercando di circoscrivere le tensioni fra palestinesi ed israeliani. L’Egitto ha rafforzato i controlli alla frontiera: lo rendono noto fonti locali del Sinai, lasciando intendere che la misura serve a impedire un ipotetico trasferimento dei rapiti in territorio egiziano.