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Chi sono i musulmani aretini. La questione degli spazi di preghiera

08/07/2015 / Redazione / Featured, Notizie

Quattro mila persone provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, con prevalenza di bengalesi, albanesi, pakistani (tra cui una piccola rappresentanza di sciiti) e marocchini. È il quadro che emerge da un’indagine realizzata per conto del Comune di Arezzo sulla presenza di musulmani all’interno del territorio aretino. La ricerca è stata curata da Bartolomeo Conti, ricercatore dell’istituto Universitario Europeo. Obiettivo individuare criticità e opportunità per costruire percorsi di cittadinanza.
Primo elemento messo in evidenza dalla ricerca è la forte frammentazione della comunità musulmana aretina.
Emerge in particolare una scarsa capacità aggregativa delle moschee esistenti e di coloro che le guidano. Se infatti fino al 2009 ad Arezzo c’era un solo luogo di culto islamico che accoglieva l’insieme dei musulmani al di là della loro provenienza o della loro lingua, attualmente i luoghi di culto islamici sono tre, due gestiti da magrebini e uno che fa riferimento alla comunità bengalese.

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A questi, si aggiunge uno spazio che è saltuariamente utilizzato per la preghiera e l’incontro dal centinaio di persone che compongono la comunità sciita pakistana, che esprimono la necessità di luogo più stabile. Una questione, quella di spazi adeguati, sollevata anche dalla comunità bengalese.

La ricerca ha consentito un confronto tra comunità musulmane e istituzioni da cui sono emersi alcuni spunti per il futuro, tra cui la necessità di creare un forum delle diverse anime musulmane presenti ad Arezzo, una voce unica pur nel rispetto delle differenze che sia in grado di comunicare con la città e che prenda posizione sulle questioni legate all’Islam.

Non mancano i nodi critici messi in evidenza dal rapporto, come la concentrazione di immigrati in zona Saione, l’aumento di casi di marginalizzazione e chiusura soprattutto tra le donne, la precarietà dei luoghi di culto che, in alcuni casi, tende a creare tensione ed incertezza, con la conseguenza che le autorità sono di fatto obbligate a tollerare certe forme d’irregolarità per garantire il diritto alla libertà religiosa.

 

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