“Un’opportunità di ottenere gratuitamente attrezzature informatiche e materiale didattico per la scuola dei propri figli”.
Viene presentata così l’iniziativa che in tutta Italia sta coinvolgendo migliaia di istituti, tra cui anche decine di scuole della Provincia di Arezzo.
Il meccanismo è semplice: facendo la spesa nei supermercati che aderiscono all’iniziativa è possibile contribuire ad una raccolta punti in favore della scuola che si è scelto di aiutare. Successivamente l’istituto potrà ordinare gratuitamente, all’interno di un catalogo premi appositamente studiato, il materiale e le attrezzature preferite.
A generare perplessità il fatto che, all’ingresso di alcuni istituti scolastici, abbiano fatto la loro comparsa materiali promozionali legati alla catena di supermercati in cui è possibile aderire al progetto.
Il sistema non convince del tutto nemmeno chi di raccolta fondi si occupa da oltre 30 anni, come Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della scuola di Fundraising di Roma.
“L’operazione – spiega Cagli, interpellato dalla redazione di TSD – così come è stata concepita non è vantaggiosa né per le scuole, né per i genitori. Il vantaggio più grande è dei supermercati. Sia chiaro, non si tratta di qualcosa d’illecito, ma occorre essere trasparenti. In sostanza, attraverso un atto di consumo e un esborso economico dei genitori, si consente alla scuola di ottenere del materiale che avrebbe un costo notevolmente inferiore”.
Secondo l’analisi presentata da Massimo Coen Cagli, il rapporto medio tra valore del prodotto e importo totale delle spese necessarie ad accumulare punti per ottenere il premio è di 1 a 100 euro. Allo stesso tempo, si consente all’azienda di usufruire di una vera e propria rete promozionale diffusa sul territorio a costo zero.
A stupire di più è il fatto che a promuovere questo tipo di iniziative sia stato lo stesso Ministero dell’istruzione, attraverso il Co.Ge., il gruppo di lavoro ministeriale che si occupa di potenziare l’efficienza organizzativa e di autofinanziamento delle scuole.
“Di fatto il Ministero regala alle aziende la causa sociale più importante del mondo, l’istruzione dei nostri ragazzi”, sottolinea Coen Cagli.
Questo non significa che non si possa fare una vera raccolta fondi per le scuole.
“Il futuro della scuola è qualcosa che deve interpellare l’intera comunità ed è giusto che la società civile se ne faccia carico, anche con iniziative di raccolta fondi. A patto che quest’ultime non siano considerate una sorta di ‘tappa buchi’ che costringe i genitori a pagare nuovamente servizi per i quali hanno già contribuito con le proprie tasse”.