“In questo Avvento in cui l’attesa del Principe della Pace si fa più vicina, l’unica attesa che i nostri fratelli hanno è quella di partire. La vivono con tanta fatica e sofferenza, ma anche con una grandissima dignità ed una straordinaria fede.”
Per una volta non arriva da Betlemme, ma da Amman il tradizionale messaggio di Natale di don Mario Cornioli, il sacerdote biturgense fidei donum al Patriarcato Latino di Gerusalemme. Una Chiesa, quella di Terra Santa, che – oltre ad Israele, Palestina e Cipro – abbraccia anche la Giordania, che secondo le stime di Amnesty International ospita 654.141 rifugiati: la maggioranza di essi è composta da siriani, ma sono molti anche gli iracheni.
Don Mario ha trascorso gli ultimi mesi nella capitale giordana, per “condividere il mio servizio e vivere la mia missione con i fratelli iracheni di Mosul cacciati un anno e mezzo fa dalle loro case. In questi mesi abbiamo lavorato molto, insieme alla Chiesa locale, per rendere più umano possibile il soggiorno obbligato in Giordania.”
“Tutti attendono di partire per un altro Paese e iniziare una nuova vita – racconta il sacerdote toscano nel messaggio agli amici dell’Associazione Habibi, di cui è presidente. “Sono segnati da quanto vissuto in Iraq e non si fidano più degli uomini, ma solo di Dio.”
“Passerò con loro il Natale e vivrò con loro questa attesa fino a quando Dio vorrà”, annuncia Cornioli, che testimonia le difficili condizioni dei profughi: famiglie composto da 6 o 7 persone, costrette a vivere ” con un coupon della Caritas di 70 euro al mese per poter mangiare”.
“In una situazione di precarietà economica, politica, sociale e familiare non è facile fare festa, – ammette don Mario – ma ci vogliamo provare. Non vogliamo concedere alla paura ed alla tristezza di prendere il sopravvento”.
“L’unica cosa che vorrei augurarvi – conclude il sacerdote – è quella di non chiudere le porte, ma di continuare a vivere a cuore aperto per permettere all’Altro ed agli altri di entrare e salvare quel frammento di umanità che il ‘nemico’ ci vuole rubare.”