Se n’è andato improvvisamente, mentre faceva quello che ha sempre amato: correre dietro un pallone. Don Paolo De Grandi, parroco di Campoluci e cappellano della Polizia ci ha lasciato una sera di luglio con indosso i suoi scarpini, sul campetto della parrocchia, stroncato da un arresto cardiaco. Aveva 46 anni.
Nato a Nogara di Verona il 6 giugno del 1970, è cresciuto con un sogno: diventare un calciatore. Nel 1983, la grande occasione: selezionato per giocare nelle giovanili dell’Hellas Verona, squadra che di lì ad un paio d’anni sarebbe diventata campione d’Italia. Una grande promessa del calcio, pronta per spiccare il volo. Ma la vita aveva in serbo per don Paolo ben altro: un grave incidente stradale stronca la sua carriera.
Il dolore, la delusione non fermano la sua voglia di affermarsi: inizia a formarsi per diventare allenatore; sogna di avere un figlio che un giorno possa realizzare il suo obiettivo, diventare un campione. Ma ancora una volta la vita gli riserva delle sorprese. Grazie ad una serie di esperienze, un viaggio a Lourdes a fianco dei malati e l’amicizia con don Gino, suo confessore, gli si apre un orizzonte inaspettato. Don Paolo scopre un altro mondo, fuori dal campetto di calcio. Scopre che aiutare gli altri può regalare una soddisfazione ben più grande di quella di segnare un gol.
E dopo un’esperienza in una missione in Bolivia nella cittadina di Camiri, vicino a Santa Cruz, arriva la decisione di entrare in seminario. È il 1996. Nove anni più tardi, don Paolo viene ordinato sacerdote.
Ma sotto la tonaca, non rinuncia comunque ad indossare un paio di scarpini. Pallone e amore per gli ultimi diventano una ragione di vita. Assieme a tanti amici organizza innumerevoli partite di beneficenza, coinvolgendo i campioni più celebrati della Serie A: da Paolo Rossi a Ciccio Graziani. Negli ultimi anni, in particolare, don Paolo aveva preso particolarmente a cuore la situazione dei bambini della Palestina. Nel 2014, le famiglie della parrocchia di Campoluci ospitarono un gruppo di piccoli calciatori arrivati in Italia nell’ambito di un progetto fortemente voluto da De Grandi.
Così scriveva in una testimonianza: “Ora, per me, giocare è diventato un mezzo per comunicare agli altri la mia gioia d’essere prete, il mio desiderio d’incontro. Nel calcio, come nella vita, va riscoperta l’importanza del gruppo e della comunicazione. Ognuno ha un ruolo specifico e ogni ruolo è necessario per gli altri. È il senso dell’affermazione di San Paolo quando parla delle diverse membra che formano la Chiesa. Soltanto se si è uniti possiamo essere famiglia, comunità e parrocchia. Così lo sport diventa educativo”.
E don Paolo ci ha creduto fermamente, fino all’ultimo istante della sua vita.
Don Paolo ha avuto un malore la sera di venerdì 15 luglio, mentre stava giocando una partitella tra amici a Campoluci. Inutili tutti i tentativi di rianimarlo. Sul posto è immediatamente arrivato anche l’arcivescovo Riccardo Fontana. I funerali saranno celebrati lunedì.