Torna in città la serata che un aretino sta portando in tour a servizio della pastorale familiare. L’autore è Davide Zanelli, classe 1968: collaboratore di Casa Betlemme, insieme alla moglie Marina Bicchiega è tra gli oblati dell’opera. Cantautore per diletto, ha costruito un esperimento di nuova evangelizzazione. L’appuntamento è per sabato 29 aprile alle 21 in via F. Redi dalle Carmelitane Scalze, Monastero di S. Teresa Margherita Redi. L’autore (voce e chitarra acustica) sarà accompagnato al pianoforte dal diacono Federico Daveri.
Com’è nato il tuo progetto di evangelizzare con la musica?
In realtà il mio non è un concerto né uno spettacolo. L’ho ideato come una catechesi in forma spettacolare e multimediale: un recitativo per voce e chitarra, con immagini e testi su un grande schermo. Volevo dare la mia piccola risposta personale ad un invito rivolto dal Sinodo al n. 78 dell’Instrumentum Laboris. Così ho usato il linguaggio artistico per parlare del capitolo più incompreso del Magistero, quello dell’amore coniugale: distillando in poesia e canzone ciò che ho imparato in vent’anni di matrimonio cristiano alla scuola di Casa Betlemme.
Quali i contenuti che vengono trattati nei vari testi?
Sono novanta minuti senza intervallo, con dieci intermezzi musicali. Ogni canzone riassume una meditazione che la precede. Parlo del rapporto tra creatura e Creatore, della nostra dignità di persone. Della relazione tra Gesù e sua Madre. Osservo la fragilità dell’amore umano e la sua vocazione alla grandezza, la bellezza della sessualità nel progetto di Dio. La potenza della grazia sacramentale e la cultura dello scarto. Il filo della riflessione parte dalla Divina Misericordia e lì ritorna. Tra le righe c’è un omaggio a figure giganti che hanno nutrito il mio cammino: dalla psichiatra Połtawska al genetista Lejeune, alla ginecologa missionaria Anna Cappella. Sopra tutti S. Giovanni Paolo II e la sua teologia del corpo. E la Madonna con i tre patroni di Casa Betlemme: Francesco d’Assisi, Caterina da Siena e Teresa di Lisieux.
Quest’esperimento di nuova evangelizzazione ha dato frutti e lo stai portando nelle chiese in giro per l’Italia. Quale riscontro percepisci al termine delle serate?
Sì, l’esperimento sta funzionando bene. Dopo le prime date in città, ha preso il largo e sono arrivati inviti da fuori diocesi e in altre regioni. In un anno e mezzo abbiamo fatto già quindici date per diverse realtà ecclesiali. L’iniziativa risulta originale ed è stata apprezzata da intellettuali e persone semplici, sposi e famiglie ferite, dal mondo accademico e da quello pastorale. Il riscontro più toccante me l’hanno dato una ragazzina down e una sposa abbandonata.
La tua testimonianza porta il marchio di Casa Betlemme, la storica opera fondata dall’ostetrica Flora Gualdani impegnata da mezzo secolo nel fronte pro life e nella pastorale della famiglia. Qual è la sua missione?
Il carisma di questa realtà si riassume in un messaggio di profonda armonia tra fede, scienza e cultura, centrato sulla contemplazione del mistero dell’Incarnazione. Il mio recital è espressione di questo stile e s’inserisce nel Wolokita Project, il ramo artistico del movimento culturale di Casa Betlemme.
La figura di San Francesco d’Assisi che posto ha in questa catechesi?
Un intero brano è ispirato a lui. Il tocco francescano è nello sguardo contemplativo sul creato, è nella semplicità delle mie canzoni e nella povertà del progetto. Cioè totale gratuità e sacrificio personale in un impegno che va oltre il volontariato. E’ un piccolo apostolato itinerante a dimensione familiare: lo porto avanti grazie al supporto di moglie e figlie che curano mixer, tastiera e slides. E ogni tanto qualche amico che si aggrega ad una tappa dell’avventura.