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Natale, l’omelia di mons. Fontana nella Messa di mezzanotte

25/12/2017 / Redazione / In evidenza, Notizie

“Aretini, coraggio! Il Signore non abbandona. Le cronache che ci vengono dal mondo non sono certo rassicuranti. Viene alla luce l’alterità tra il modo di ragionare del mondo e la logica di Dio. Fanno notizia le minacciose testate nucleari a cui rispondono portaerei armate fin sopra i denti. Per il recupero del consenso interno si scatena il putiferio in Terra Santa mettendo a rischio che vi ci abita, sia ebrei che musulmani. Di fronte al no compatto del consesso delle Nazioni, si minacciano ritorsioni future verso i dissenzienti per intimorire, con il rischio di innescare un pericoloso braccio di ferro”, con queste parole – pronunciate all’inizio dell’omelia della Santa Messa di Natale di mezzanotte, celebrata in Cattedrale – S.E. mons. Riccardo Fontana ha espresso il significato profondo del Natale, perché “la logica di Dio Onnipotente è un’altra. Dio per amor nostro si è fatto piccolo come un bambino; di fronte ai potentati del suo popolo, povero come chi non conta; mite con chi lo ha umiliato, percosso e ucciso. Si chiama umiltà la scelta di chiedere la collaborazione di Maria di Nazareth, giovane fanciulla piena di virtù e senza alcun potere. Ecco la compagnia che gli fu cara: Giuseppe il giusto, gli angeli, i servi pastori di Betlemme”.

Gesù è stato uomo ed ha vissuto fino in fondo la sua vicenda umana. Ha percorso “un faticoso cammino per raggiungere la terra d’origine, Betlemme che riesce a non accogliere Dio e a costringere la giovane madre a partorire in una delle tante grotte destinate alle pecore, rifugio degli animali della campagna. Poi, sì, come in tutte le storie di vita c’è sempre un’alternativa: gli angeli del Gloria in excelsis Deo, l’omaggio dei sapienti Magi d’Oriente e la presenza della cometa; ma anche la paura di quell’insulso Erode, piccolo re di provincia quasi sconosciuto a Roma, che scatena la Strage degli Innocenti”.

“Nel nostro bagaglio infantile – ha continuato l’Arcivescovo – , Gesù, Giuseppe e Maria fuggono rifugiati in Egitto, lungo la via del mare che oggi si chiama striscia di Gaza, e ancora teatro di uomini costretti a rifugiarsi altrove per sopravvivere. Poi, passato il pericolo, Santa Maria ritorna a Nazareth, a vivere in due stanzucce di terra battuta, a dipendere dai miseri guadagni di Giuseppe, falegname straniero in Galilea. Ogni giorno la Madre di Dio, con la secchia in capo, sale all’unica fontana del villaggio, per far bere il piccolo e provvedere a casa, come i poveri della Terra”.

Conosciamo bene la storia umana di Gesù, impreziosita dalla sua predicazione e dai miracoli, perché – ha sottolineato ancora il vescovo Riccardo – “Dio è buono e non abbandona nessuno”.

“Dopo impari dispute e frequenti rifiuti fino alla croce, muore il Figlio di Dio. Il male con la sua logica prepotente crede di aver vinto. Ma si sbaglia. Dopo tre giorni il Padre resuscita il Suo Cristo e Gli dà tempo per passare tra gli altri, anche a noi, amata Chiesa aretina, il compito di offrire a tutti la via che salva. Quanti si fidano di Lui, sia nel filo d’oro della successione apostolica, che anche al di fuori delle strutture, appartengono alla Chiesa animata dallo Spirito, quand’anche il peso della storia rende difficile, ad alcuni, riconoscersi in essa”.

“Coraggio, aretini!  – ha ripetuto il vescovo Riccardo – Anche a noi, pellegrini questa notte al presepio di Betlemme serve il coraggio della fede, che mosse Maria a dire di sì al progetto di Dio. Se vuoi essere amico del Signore impara a dire con il cuore, non solo con le labbra: “Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum”.

E una notte importante quella che abbiamo vissuto, perché “è la notte in cui chiederci se siamo pronti a fare come i pastori che dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Io che ti parlo, tu che mi ascolti, siamo pronti a rimetterci in cammino, insieme, per trovare il Signore? Questa Chiesa aretina che, dopo molti decenni torna in Sinodo, sarà pronta a credere alla logica di Dio più che al quotidiano quieto vivere? La missione che ci è affidata è la concretezza dei gesti quotidiani per rendere credibile il Vangelo che predichiamo”.

Il Sinodo, ovvero camminare assieme, un appuntamento importante e prezioso per la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, che il presule ha così spiegato: “la sera del 6 gennaio conferirò l’incarico ai 500 delegati delle varie parti della terra d’Arezzo, di farsi responsabili del futuro di questa Chiesa: un cammino fatto per fede, sulle orme di Abramo attraverso il dialogo e l’ascolto con quanti ci siamo perduti lungo la strada delle ideologie, che ci hanno contrapposto e diviso. Siamo disponibili a dire in modo credibile il Vangelo alle oltre 60 mila persone che provengono da altrove? La questione dell’accoglienza non basta; occorre l’inclusione sociale. Una società multiculturale è una risorsa che parte dalla situazione in cui siamo e, trasformando tutti, ci fa protagonisti del Regno di Dio. Proporre la fraternità tra le persone, il rispetto e la speranza – come Dio ci chiede di fare – questi sono i nostri valori fondanti della cultura italiana”.

Infine, non è mancato un riferimento alla cronaca di questi giorni, unito ad un incitamento rivolto a tutti i “cristiani in questa notte santa, come alle altre componenti della società aretina”.

“Coraggio, aretini! – ancora il vescovo Riccardo – Da tempo siamo sulla bocca di tutti nei media, non sempre in modo benevolo. Questa città merita molto di più della litania di citazioni poco onorevoli. Tocca a noi tutti, anche ai cristiani in questa notte santa, come alle altre componenti della società aretina, impegnarsi a recuperare quella dignità intrinseca che ci appartiene, proviene dalla storia ma è anche una risorsa di futuro. Se ci furono errori, gli organi dello Stato saranno bene in grado di provvedere”.

Un invito che è un auspicio: “a tutti, come dono da portare al presepio, conviene rimettere in moto la fattiva possibilità del dialogo e della solidarietà per ripartire insieme. Ancora troppi nostri concittadini soffrono della carenza del necessario, al di là delle dichiarazioni di maniera di chi è interessato a blandire l’opinione pubblica. I poveri non sono solo le persone che vengono da fuori”.

Sottolineando la consapevolezza che dobbiamo avere circa la povertà strutturale che ferisce la generazione più giovane, perché ”toglie la speranza che gli studi servano a cambiare la situazione in cui siamo, a trovare lavoro, a fare una società più giusta. Tra i danni del tempo presente vi è una sorta di rinato egoismo intergenerazionale. C’è chi crede di essere potente perché, tentato dal materialismo pratico, ha rimosso la solidarietà e non si accorge che i propri figli e nipoti tribolano come i pastorelli del presepio. Costruire una città solidale dove chi ha risorse le mette a disposizione della ripresa e dove nessuno si volti dall’altra parte è la preghiera che deponiamo davanti al Bambinello nella notte di Natale”.

L’omelia si è conclusa con un pensiero per la famiglia: “questa festa ci aiuta a riscoprire il valore della famiglia, la risorsa della pace sociale. Giova anche per liberarci dal materialismo che ha invaso l’Occidente, per ritrovare, con la fede, fiducia in Dio, sull’esempio di Santa Maria, nostra Signora, la Madonna del Conforto cara al cuore di tutta la popolazione di questa bellissima città”.

Il 25 Dicembre, giorno della solennità di Natale, mons. Fontana presiede la Messa solenne in Cattedrale a partire dalle  10.30; nel pomeriggio, il presule a Sansepolcro celebra alle 18 la Messa vespertina di Natale.

Il 26 dicembre l’Arcivescovo sarà ancora in Val Tiberina, a Pieve Santo Stefano per festeggiare – nella chiesa che porta il nome del Protomartire Stefano – questa solennità alle 11.

Infine il giorno seguente, domenica 27 dicembre, il Pastore della nostra diocesi presiederà alle 18 una Messa solenne nel Duomo biturgense per celebrare la festa della dedicazione della Concattedrale di San Giovanni Evangelista a Sansepolcro.

 

 

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