Forse il tempo non è scaduto e forse il futuro anche a breve dell’unità del genere umano come quello di un pianeta coltivato e non esautorato sono ancora nelle nostre mani. Lo sono perché ormai ciò che accomuna tutti gli abitanti della terra, anzi tutti i viventi in questo pianeta è l’ambiente. Anche nella percezione di un crescente numero di persone: è la parola che marchia ogni problema riconducibile alla vita dei viventi, come individui e come comunità e stati; risultano insopportabilmente miopi – se non tarate e cieche di fronte ad ogni evidenza – le distrazioni della politica, la voracità dell’economia, la voglia di isolare comunità e popoli in nome di uno sbandierato primato dei nostri. Malgrado il presente geopolitico sia segnato da scelte autodistruttive in nome di supposte sicurezze e difese, malgrado l’improvvisa accelerazione dei segni di mutamenti rapidi e potenzialmente catastrofici (quasi fosse in atto un rovesciamento dei ghiacciai che non solo scompaiono, ma diventano terre di fuoco) c’è il risveglio delle coscienze di cui stanno dando prova le generazioni dei nati in questo nuovo millennio. Un nuovo orizzonte è possibile, è quello intravisto e cantato da papa Francesco nella Laudato si’.
Questo il filo conduttore del XVIII colloquio del gruppo “Oggi la Parola in programma al monastero di Camaldoli da giovedì 31 ottobre a domenica 3 novembre e intitolato Utopie possibili per uno sviluppo sostenibile. Come uscire dall’autodistruzione, dalla rottura dell’unico genere umano? Tanti i relatori che intervengono sul tema, da Davide Riondino a Enrico Giovannini e Sandro Calvani, passando per Lidia Maggi, Ugo Leone, Antonio De Lellis e molti altri. Il tutto, scandito dai ritmi della vita e della preghiera della comunità monastica di Camaldoli.