“Talvolta pianse, ma giammai rise”. Così si esprime, a proposito di Gesù, la cosiddetta “Lettera di Lentulo”.
Ma è davvero così?
Nell’AT troviamo due diverse parole per il riso: sahaq, riso gioioso, positivo. Da qui deriva il nome Isacco, nato imprevedibilmente da due genitori anziani. A pensarci bene, è il primo riso che compare nella storia biblica. Per Alcuino il riso di Abramo è buono, quello di Sara sprezzante. E così siamo allo laaq, il riso sbeffeggiante
Come nelle nozze di Cana, il vino è la gioia: “Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e misura” (Siracide 31,28).
E Gesù? I testi in effetti sono molto sobri. Se qualcuno ride sono gli avversari di Gesù. Tuttavia il mito secondo cui egli “non abbia mai riso” inizia solo con Giovanni Crisostomo alla fine del IV secolo e poi si espande. La storia dell’arte testimonia il prevalere dell’idea che Gesù non abbia mai riso. Ma nemmeno tutto il medioevo è d’accordo con l’idea che il riso in sé sia un male. Gli stessi Padri del deserto sanno usare lo strumento dell’ironia per suggerire libertà e profondità di fede. Il sorriso trova finalmente spazio nella scultura: il gotico ci regala la straordinaria immagine dell’angelo che sorride nella cattedrale di Reims.