Continua la riflessione di “Mappe” sul tema della paternità. Un argomento che ci tocca molto da vicino nel mondo contemporaneo, in cui si parla di crisi della figura del padre, della sua ambivalenza, ma per certi aspetti se ne percepisce meglio il ruolo e l’importanza.
Ma per non ripetere i luoghi comuni è spesso necessario intraprendere un viaggio che apparentemente ci porta lontano, alle radici profonde di tanti comportamenti e modi di pensare. “Mappe” intende quindi proporre spunti di riflessione anche a partire da momenti del passato, ma “inglobati” dentro il nostro essere profondo più di quanto pensiamo.
Ad esempio possiamo scoprire che c’è una forte interazione tra le concezioni scientifiche e biologiche del tempo e la visione dei ruoli madre/padre; genitori/figli. Può sembrare curioso ma la scoperta del collegamento tra atto sessuale e fecondazione risale soltanto a circa il 5000/4000 a.C. In precedenza la gravidanza rappresentava un “evento” privo di causa certa, collegandosi a una concezione del tempo onirica in cui le cose “accadono”, senza che si di esse si possa esercitare un controllo (se non di tipo magico). L’idea del rapporto padre/figlio è stata anche l’aurora di un pensiero che è in grado di stabilire le relazioni causa/effetto. È grazie a questa nuova consapevolezza che si è potuto costruire il sapere scientifico.
Per quanto riguarda i rapporti sociali questo significa che il marito della madre non veniva considerato come colui che dà il proprio patrimonio genetico al figlio, quanto piuttosto colui che lo aiutava a inserirsi nel gruppo, nella società dell’epoca. In età classica avviene il contrario: solo l’uomo dona la vita al figlio, mentre la madre è solo la sua “incubatrice”. Il ruolo della donna diviene così assolutamente subordinato.