“La decisione di costruire 3mila unità abitative a Gerusalemme est è una ritorsione dopo il riconoscimento della Palestina come Stato non membro dell’Onu. Esprime un rifiuto netto e una sfida rispetto al passo compiuto dall’Assemblea delle Nazioni Unite, oltre a rappresentare una specie di sfogo, una reazione istintiva”. Così dichiara monsignor William Shomali, Vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme, all’Agenzia Fides. “Il riconoscimento avvenuto all’Onu con larghissimo consenso della comunità internazionale” fa notare il Vescovo, “implica che lo Stato palestinese riconosciuto si situerebbe all’interno delle frontiere in vigore prima del giugno 1967. Quindi non andrebbe assolutamente modificata la situazione di quel 22 per cento di Territori che sono occupati e non ‘disputati’, come invece suggerisce la terminologia usata dai politici israeliani”.
Le nuove unità abitative dovrebbero sorgere in un’area sulla strada che da Gerusalemme conduce a Gerico e al Mar Morto, all’inizio del deserto della Giudea, dividendo così il nord e il sud della Cisgiordania. “E’ evidente che non c’è urgenza di costruire nuove case proprio lì. Questa politica, che danneggia la soluzione dei due Stati, suscita il dissenso di alcuni politici anche in Israele, e potrebbe creare imbarazzo agli Stati Uniti” fa notare monsignor Shomali.
Riguardo al pericolo d’isolamento che potrebbe correre Israele, secondo il Vescovo palestinese “il governo israeliano non si sentirà isolato, finché avrà l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti”. (Agenzia Fides)
Per approfondire:
Terra Santa Link – edizione del 30 novembre 2012
Intervista a monsignor William Shomali, Vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme, sul progetto abitativo di Beit Safafa (Gerusalemme):