Sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme è on line il numero di dicembre del notiziario informativo “Gerusalemme“.
In prima pagina l’editoriale di Christophe Lafontaine
Colonne di Pace
Il 21 novembre un cessate il fuoco ha messo fine a otto giorni di combattimenti tra Gaza e Israele. Ora ciascun campo fa il bilancio dell’operazione “Colonna di Difesa”. Senza troppa sorpresa Israele e Hamas si considerano rafforzati dal conflitto che li ha appena visti opposti. Secondo il parere prevalente il vero vincitore è probabilmente l’Egitto, il cui Presidente Morsi ha negoziato i termini della tregua. Gli Stati Uniti si sono congratulati con il nuovo presidente egiziano e hanno invitato il suo paese a rimanere una “colonna di pace nella regione”. Speriamo che non sia una colonna di sabbia … Ci sono molte questioni che potrebbero essere dibattute: guerra pulita, guerra giusta, guerra inevitabile? Ci sarebbero molti sentimenti da esprimere: odio, vendetta, perdono?
Tutto sommato la vera questione è sapere: da dove verrà la pace? Oggigiorno è più facile per gli specialisti dire da dove non verrà… La fine della violenza non potrà mai passare per la violenza, qualsiasi cosa se ne dica.
Autunno sanguinoso
Il Patriarca Fouad Twal ha ricordato che “una guerra non è mai santa”. Egli “condanna totalmente l’opzione della guerra, della violenza e della distruzione che rappresenta una minaccia per la sicurezza e la stabilità della regione”. Lo prova il paesaggio del Medio Oriente, molto teso in questo autunno sanguinoso. Consideriamo: in Siria si contano già più di 40.000 morti in 18 mesi di sollevamenti, il Libano vacilla sotto l’effetto abituale delle crisi vicine, Israele si appresta a votare a gennaio per la lista comune del Likud e dei partiti nazionalisti e religiosi, un’alleanza che condanna in anticipo l’avanzamento della questione palestinese, i Palestinesi sono sempre divisi tra la Cisgiordania, diretta da Fatah e la Striscia di Gaza, nelle mani di Hamas. È in questo quadro molto teso, dove l’impotenza internazionale è più che mai forte in questa regione, che si iscrive la domanda di Mahmoud Abbas di ottenere per i Palestinesi lo status di Stato non membro all’ONU…
In questo contesto difficile il tema scelto da Benedetto XVI per la 46ª Giornata Mondiale della Pace, il 1 gennaio 2013 prossimo, vibra come un appello: “Beati i costruttori di pace”. Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace di cui il Patriarca è stato nominato membro lo scorso 29 settembre precisa che questo messaggio “incoraggia tutti gli uomini a sentirsi responsabili della costruzione della pace”. Come dimenticare a questo titolo l’enciclica sulla pace nel mondo “Pacem in Terris”, pubblicata 50 anni fa, nell’aprile 1963? Con lucidità Giovanni XXIII identificava “le quattro colonne” essenziali per la pace. Ovvero: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. La verità costituisce il fondamento della pace se ciascuno prende coscienza con onestà che, oltre ai suoi diritti, ci sono anche dei doveri nei confronti degli altri. La giustizia, diceva, edifica la pace se ogni uomo rispetta effettivamente i diritti degli altri e si sforza di osservare pienamente i suoi doveri verso gli altri. L’amore è fermento di pace se le persone considerano i bisogni degli altri come i propri e condividono con gli altri ciò che possiedono. A cominciare dai valori spirituali. Infine la libertà alimenta la pace e le farà portare dei frutti, se nella scelta dei mezzi presi per arrivare alla pace, gli uomini seguono la ragione e con coraggio prendono le responsabilità dei propri atti. Lo si sarà compreso: la pace è molto più dell’assenza della guerra. E la quinta colonna, il perdono.
Christophe Lafontaine