Mappe. Spunti per comprendere dove siamo
54 – “Ma come mangi? ”
Giovedì 10 gennaio (ore 19.30 e 21.20)
Ma quanto si parla di cibo? Le trasmissioni televisive in particolare esondano di ricette, cuochi, piatti di ogni genere: dall’avanguardia postmoderna e fusion alla “tradizione” più o meno ricostruita per l’occasione. Che senza cibo non si possa vivere è una ovvietà che non ha bisogno di essere spiegata. Ma non basta il cibo: deve essere cucinato. Senza lo “stomaco esterno” rappresentato dalle pentole moriremmo di fame. Questo è meno conosciuto: anche ammettendo che si possa mangiare qualsiasi tipo di cibo crudo (vegetale e/o animale) e in qualsiasi quantità, potremmo vivere circa tre mesi. Infine, cuocere il cibo e condividerlo a tavola ha un forte valore antropologico, dà significato alla nostra vita e alle relazioni sociali.
Non è che partendo da un legittimo e nobile bisogno stiamo assistendo a delle anomalie? Lo scrittore inglese Steven Polle ha recentemente affermato che mangiare è diventata una ideologia. Cadute le ideologie “politiche” del secolo scorso siamo immersi in una ideologia nutritiva che ci rende mansueti, consumisti e certamente più grassi e ricchi di colesterolo.
Al tempo stesso continua una grave sperequazione nell’accesso al cibo. Un terzo della mortalità infantile nel mondo è determinato dalla malnutrizione. Un terzo della produzione alimentare mondiale è perduta o sprecata. Questo è il tragico paradosso: è finita l’epoca delle risorse insufficienti, ma non è finita l’era della fame. Anche in Italia buttiamo quasi un punto del PIL: 17 tonnellate di cibo vengono sprecate, per un valore di 11 miliardi di euro. Sono 400 euro a famiglia. Siamo tra i più spreconi in Europa:a fronte di una valore globale di 89 milioni di tonnellate noi produciamo da soli un quinto di spreco. L’Europa ogni anno dà 1 milione di tonnellate di cibo in aiuti internazionali. Non si tratta solo d uno spreco relativamente al valore commerciale. Molti cibo provengono da lontano, e il loro trasporto consuma petrolio e anidride carbonica. Ad esempio le ciliegie che vengono dal Cile consumano per ogni chilo di prodotto 6,9 chili di petrolio e 21,6 chili di anidride carbonica; le noci della California 5 di petrolio e 15,6 di CO2; il salmone dall’Alaska 4,5 di petrolio e 12,6 di CO2. Non è un caso che da molte parti si pensi a una etichetta “salva clima”. In Inghilterra la Carbon Footprint traccia 25.000 prodotti, negli Usa 10.000. in Italia sono circa 100 le aziende che hanno aderito (www.viviconstile.org). Un menu vegetale produce un chilo di CO2, uno di carne oltre 8 chili.
In altre occasioni a Mappe ci siamo occupati del valore di senso costituito dal cibo, che è contemporaneamente un bisogno fisico immediato e un rimando a elementi trascendenti (si pensi al valore del cibo eucaristico). Come sempre si tratta di questione di consapevolezza e di equilibrio.
Per approfondire:
- Gianfranco Marrone, La cucina del senso, Mimesis (Docente di Semiotica all’Università di Palermo)
- Massimo Donà, Filosofia del vino, Bompiani e Dialoghi all’ombra della vite, Aliberti (Docente di Filosofia teoretica al San Raffaele di Milano)
- Letizia Bindi, Cibo via cavo. Tradizioni enogastronomiche e produzione mediatica della località, Aisea
L’archivio delle puntate di Mappe www.tsdtv.it/mappe/