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Viaggi di pace: la marcia all’ombra del Muro

03/03/2013 / Redazione / Blog, Notizie, Terra Santa
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“Betlemme è strana. Maciullata dal Muro, si sviluppa in maniera del tutto casuale, e forse non potrebbe essere altrimenti. È inframezzata da campi enormi ed incolti, rifugio di capre che brucano tra i rifiuti; è ribelle nei graffiti sul muro, quasi romantica nel suo suq, nelle stradine che si inerpicano fino ad esso, triste nei muri coperti di manifesti che, anche se non comprendi la scrittura, dalla foto e dai colori capisci che piangono un martire o, più spesso, una vittima.”
Jacopo a Betlemme non c’è mai stato. Ed è strano, ma significativo, che ci sia proprio in una giornata, il 1° marzo, che per molti ha un sapore diverso. Ma andiamo per ordine: i sette ragazzi, che si sono lasciati Toscana ed Umbria alle spalle per qualche giorno, hanno deciso per qualche ora di “farsi piccoli”. Piccoli come gli ospiti della Hogar “Niño Dios”, struttura di accoglienza per bambini disabili gestita dalle Suore del Verbo Incarnato. I ragazzi hanno preso per mano tre “Bambini Gesù” e li hanno portati a fare due passi fuori, per le strade di Betlemme, fino alla Basilica della Natività.

Marco e Jacopo con i bambini della Hogar "Niño Dios"

Marco e Jacopo con i bambini della Hogar “Niño Dios” di Betlemme

“Una mattinata utile, una mattinata strana, una mattinata ben spesa – commenta Jacopo – Una mattinata che si è chiusa nel lamento del muezzin: il tono pare minaccioso, il significato è sconosciuto. La tensione in questi giorni è palpabile in queste terre, più del solito, si sono moltiplicati scontri ed arresti, feriti e cariche della polizia. Questa terra è una polveriera ed i nomi delle micce sono noti a tutti: Nablus, Hebron, i campi profughi ed i villaggi intorno a Betlemme, ma ce ne sono altri.”

In questo clima di tensione palpabile , è giunto il momento di riunirsi, insieme al gruppo del pellegrinaggio di giustizia dell’Associazione Pax Christi, al parroco Abuna Ibrahim Shomali e ai – pochi – palestinesi che si sono dati appuntamento all’ombra degli olivi della Valle di Cremisan per manifestare, attraverso la preghiera, la sofferenza e l’ingiustizia causate da quel gigante di cemento che il 1° marzo 2004 iniziò a distruggere le loro vite. “Il Cremisan, una delle ultime vallate non ancora, per poco, soffocate dalle ruspe israeliane. Per poco, perché i lavori avanzano, e Bet Jala, malmessa periferia di Betlemme che sovrasta la valle, può solo assistere al nastro dell’asfalto overprotetto da mura e bastioni di cemento e metallo, destinate ad espandersi – testimonia Jacopo con triste sarcasmo – c’è da allargare le strade, perdìo, e al diavolo quegli zappaterra che già non riescono a lasciare Betlemme tranquillamente, a recarsi a un ospedale decente, a godere dei frutti della propria terra, a irrigare i raccolti.”

La Messa sotto gli olivi della Valle di Cremisan

La Messa sotto gli olivi della Valle di Cremisan

Dopo la messa in italiano ed arabo, è iniziata la marcia “che, dal verde della valle arriva al grigio del muro, davanti al check-point, sotto lo sguardo vigile di soldati israeliani e poliziotti palestinesi. Nervosismo? Un po’. Tensione? Anche. Soddisfazione? Certa. Lo dicono gli occhi di chi, dalla sua casa distante pochi chilometri, non aveva ancora trovato il coraggio di arrivare sin lì.

Soldati israeliani in tenuta antisommossa

Soldati israeliani in tenuta antisommossa

Quando sfiliamo nuovamente davanti alle sbarre, i soldati sono decuplicati e molti indossano già la tenuta antisommossa. Urlano, imbracciano i fucili, invitano a disperdersi, e l’apparente obbedienza del serpentone dei marcianti basta a tranquillizzarli.” Ai ragazzi, abituati alle piazze gremite delle manifestazioni italiane, quella manciata di contadini, scout e fedeli palestinesi sembrano davvero pochi per fare qualcosa, ma “sentendo Abuna Mario (don Mario Cornioli, sacerdote toscano fidei donum a servizio presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme, ndr) è stato un successo incredibile, perché i palestinesi al muro non c’erano mai arrivati e la loro apertura è stata notevole – scrive Francesco – La causa era molto valida e l’anniversario del muro ci ha fatto venire voglia di partecipare attivamente alla marcia.”

La marcia di pace contro il Muro

La marcia di pace contro il Muro

Al check-point n.300 è stato recitato il rosario insieme alle suore del Caritas Baby Hospital, che poi hanno accolto i manifestanti nella propria struttura per un momento di testimonianza.

“Serviranno, nemmeno un’ora dopo, alcuni scoppi, forse di prova e forse no, uditi distintamente mentre siamo in casa – scrive Jacopo – a ricordarci che, comunque vada, qualcosa non dorme mai, né si tranquillizza, in queste terre contese e lacere.”

 

 

Gli articoli precedenti sul viaggio:

1. Viaggi di pace: i giovani della Valtiberina in Terra Santa

2. Viaggi di pace: prosegue il viaggio dei giovani in Terra Santa

Gli articoli successivi:

4. Viaggi di pace: si torna a casa, oltre muri e check point

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