“Dopo due anni voglio lanciare un forte grido di allarme: la crisi siriana è una catastrofe umanitaria che colpisce soprattutto i più fragili, donne bambini e anziani.” Questo il primo commento del presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, che in questi giorni è in Giordania per valutare l’implementazione di ulteriori servizi per rispondere a necessità e bisogni causati dall’aggravarsi della crisi, che vede oltre un milione di profughi siriani nei Paesi confinanti.
“Dalla Siria si leva alto il grido di dolore della popolazione che soffre – prosegue Rocca – è il momento di far parlare la diplomazia e di far tacere le armi. La comunità internazionale deve cessare ogni tatticismo politico e si deve concentrare su chi soffre e sulla questione degli sfollati che quotidianamente arrivano in Giordania, Libano, Iraq e Turchia e sugli sfollati interni che occupano ogni edificio rimasto in piedi e disabitato, come le scuole.
Oltre un milione di siriani – prosegue il presidente della Croce Rossa Italiana – ha attraversato il confine dando vita a una migrazione forzata che ha una forte e preoccupante ricaduta sociale nei paesi confinanti. Un pensiero speciale e un ringraziamento lo voglio dedicare ai volontari della Mezzaluna Rossa siriana, che quotidianamente offrono se stessi per aiutare chi ha bisogno e che purtroppo dall’inizio del conflitto hanno pagato in prima persona, con ben otto volontari drammaticamente uccisi mentre prestavano soccorso alla popolazione colpita dal conflitto armato.”

Rifugiati siriani in Libano
Come rende noto una nota stampa dell’Agenzia Aki, a due anni dall’inizio delle violenze e dei combattimenti in Siria, il vicino Libano ospita ormai circa un milione di siriani, un quarto della popolazione del Paese dei Cedri che conta 4,1 milioni di abitanti. Lo ha rivelato il ministro libanese degli Affari sociali, Wael Abu Faur, in un’intervista al quotidiano panarabo Asharq al-Awsat. I rifugiati siriani in Libano che attualmente ricevono aiuti, stando ai dati del ministro, sono appena 330mila. Abu Faur ha esortato gli altri Paesi arabi e la comunità internazionale ad ”assumersi le proprie responsabilità”. Anche perchè, ha detto, il problema dei profughi è una ”bomba a orologeria” per Beirut, sia a livello di sicurezza che a livello sociale ed economico.