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Il Millenario di Sansepolcro descritto da un dipinto

17/07/2013 / Redazione / Notizie
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camaiti5-webUn dipinto per raccontare mille anni di storia. Un’opera d’arte per racchiudere il passato, ma anche il futuro di una comunità. Così Sansepolcro ha deciso di chiudere il suo Millenario, con un grande affresco realizzato da Stefano Camaiti, presentato al pubblico lunedì 15 luglio nelle sale del Palazzo Vescovile di Sansepolcro. L’artista biturgense, che era già stato l’autore del logo che ha caratterizzato i festeggiamenti, si cimenta ora in un lavoro ancora più complesso.

Il punto di partenza dell’opera sono ancora loro: Arcano ed Egidio. I due pellegrini che, di ritorno dalla Terra Santa, avrebbero sostato nei pressi di una sorgente d’acqua e lì avrebbero fondato un oratorio dove custodire le reliquie del Santo Sepolcro. Questa volta però Camaiti ha deciso di spiazzare tutti. Perché nel grande quadro del Millenario, i due Santi fondatori del Borgo sono rappresentati con delle vesti inedite. Grazie alla fantasia e all’estro dell’artista biturgense, i due diventano pellegrini moderni, come ne possiamo vedere tanti lungo le nostre strade; dialogano di fronte alla pianta della Città, bagnata da una sorgente posta sulle antiche rovine, reminescenze della primigenia abbazia. La costruzione materiale dell’edificio sacro è però già avvenuta; resta da tracciare la storia spirituale per i prossimi mille anni. L’estremità inferiore del bastone del pellegrino è puntata sulla fortezza di Sansepolcro, riferimento simbolico alle virtù cardinali in legame alle virtù umane e all’esistenza dedicata al bene a alla scelta dei mezzi adeguati per compierlo. In secondo piano, uomini di diverse etnie collaborano per mezzo della dignità del lavoro, alla costruzione della Cattedrale in pieno spirito di giustizia e pace. Le figure in lontananza, muovendosi sopra un’ideale impalcatura, simboleggiano le pietre vive della chiesa, nella quale ciascuno di noi ha un compito assegnato. A sinistra, s’intravede la porta d’ingresso della Cattedrale, che identifica la chiesa locale e terrena; sul lato opposto un arco segna il passaggio dell’anima, verso la Gerusalemme celeste.

“Questo Millenario – spiega l’arcivescovo Fontana – ci ha consentito di guardare indietro per recuperare la consapevolezza degli ideali di giustizia e pace, ma anche di chiederci quanto sia rimasto della piccola Gerusalemme sul Tevere, sognata dai due pellegrini fondatori, nel sentire comune del nostro popolo. La sfida è ora quella di rilanciare, alla generazione giovane, un progetto d’identità cristiana”.

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Questo, invece, il commento di Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio Arte Sacra della diocesi:

“Consapevole e abile interprete della ricca tradizione pittorica novecentesca, Camaiti sembra evocare – in questo suo grande pastello – la monumentalità e la potenza narrativa della pittura murale di impronta sociale e popolare, nata con i grandi muralisti messicani e poi diffusasi anche in Europa. E se il giganteggiare delle figure in primo piano chiama in causa l’autorevolezza della tradizione rinascimentale (così come anche l’arco romano in rovina, traccia tipica dell’iconografia cristiana, e simboleggiante la civiltà pagana in declino, si pensi all’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci agli Uffizi), la luminosità dei colori, di quei gialli e di quei verdi squillanti, e la fitta trama delle impalcature che ‘salgono’ e si perdono nell’orizzonte non possono non richiamarci i vorticosi cantieri futuristi di Umberto Boccioni, ne La città che sale (1910) e, forse ancor più, ne La strada entra nella casa(1911 circa). Altra presenza ‘fondativa’, in quest’opera, è poi quella degli operai, presenza posata eppur eroica, tanto da farci pensare a quei Renaioli sull’Arno di Augusto Bastianini (1935 circa), oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze. Un’opera – quella di Camaiti – conscia, insomma, della tradizione che la precede ma che, con coraggio e salda padronanza della tecnica, si spinge a cercarne un’attualizzazione devozionale e sentimentalmente partecipe.”

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