Era scampato all’8 settembre, alla deportazione dei Tedeschi; era riuscito a tornare a casa a piedi dall’Albania, attraversando l’intera ex Jugoslavia. Arrivato ad Arezzo pesava appena 35 chili, lo portarono a Campriano con un carro trainato dai buoi e al suo arrivo vide la sua casa completamente distrutta dai bombardamenti. Ora, Orlando Mazzi ha compiuto la parte più importante del suo viaggio. È scomparsa ieri, una delle ultime memorie aretine della tragedia della Seconda guerra mondiale e dell’8 settembre 1943. Nel suo diario “Lo scampato”, oggi conservato dall’Archivio nazionale di Pieve Santo Stefano, Mazzi racconta la durezza dei soldati Titini nei confronti dei prigionieri militari italiani.
“Mi parlava tanto della sua guerra e ad un certo punto gli ho consigliato di scrivere tutto in un quaderno che ogni tanto mi consegnava la domenica ed io nelle mie serate in albergo interpretavo e memorizzavo”, è il ricordo di Vincenzo Lacroce vicino di casa e amico di Mazzi. La storia ricostruita in quelle pagine è il dono più prezioso lasciato da Orlando. Prima la paura e la durezza della deportazione, poi il lungo rientro e, infine, proprio quando il peggio sembrava alle spalle, lo sconforto per la propria abitazione completamente distrutta. Proprio Campriano, infatti, fu il teatro di una dura battaglia tra americani e tedeschi che ne avevano fatto una propria roccaforte. L’ennesimo “scherzo” di un destino particolarmente ingiusto nei suoi confronti. Così lo ricorda la gente della frazione alle porte di Arezzo:
Purtroppo nella nostra società gli uomini semplici, i grandi uomini come te che in pochi conoscono e che hanno costruito questa nostra Italia non hanno alcuna voce . . se non quella dei tuoi familiari e di coloro (tanti) che ti hanno conosciuto, stimato e apprezzato.