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Siria, Onu vota risoluzione per smantellamento delle armi chimiche

28/09/2013 / Redazione / Blog, Featured, Terra Santa
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Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito a livello di ministri degli esteri, ha approvato all’unanimità’ la risoluzione per lo smantellamento dell’arsenale chimico del regime di Damasco, frutto di un accordo tra Usa e Russia e, cosa rara, cosponsorizzata da tutti gli altri 13 membri del Consiglio. Lo rende noto l’Ansa. “‘Un voto storico” lo ha definito il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon, che al contempo ha annunciato l’intenzione di organizzare una conferenza di pace per la Siria entro meta’ novembre, la cosiddetta Ginevra 2. E’ una risoluzione che, ha detto il presidente Obama già prima del voto, “è vincolante” e può rappresentare “una grande vittoria della comunità internazionale”.

Il "Palazzo di vetro" dell'Onu

Il “Palazzo di vetro” dell’Onu

Il testo non prevede sanzioni automatiche e non è sotto l’ombrello del ‘capitolo 7’ della Carta Onu, che prevede come ultima ratio l’uso della forza. In caso di inadempienza, si imporranno però misure proprio sotto il capitolo 7, attraverso una eventuale successiva risoluzione. “La responsabilità per l’attuazione della risoluzione non è solo del governo, ma anche dell’opposizione” ha puntualizzato il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, ribadendo che il testo non prevede automatismi per l’uso della forza, ma “se il documento verrà violato – ha detto – siamo pronti ad adottare misure di cui al capitolo 7”.

Il rispetto dei dettami dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) e del Consiglio di sicurezza Onu verrà verificato su base regolare dopo i primi 30 giorni dall’adozione della risoluzione e quindi ogni 30 giorni. “Il successo della missione degli esperti per la distruzione delle armi chimiche in Siria dipende dal fatto che le autorità di Damasco rispettino pienamente gli impegni e garantiscano la sicurezza del personale Opac e Onu” ha aggiunto Ban, affermando che ”una luce rossa per alcuni tipi di armi non vuol dire luce verde per altre”.

Questa risoluzione, ha detto, ”non è una licenza di uccidere con armi convenzionali”. E proprio per cercare di far tacere le armi, ieri pomeriggio si sono riuniti i ministri degli esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, assieme a Ban e all’inviato dell’Onu e della Lega araba Lakhdar Brahimi, per cercare di definire una data per la conferenza Ginevra 2. ”Il nostro obiettivo è una conferenza a metà novembre” ha poi detto Ban, a cui ha fatto eco il ministro degli esteri francese Laurent Fabius, aggiungendo che Brahimi ora “lavorerà in questa direzione e noi lo aiuteremo”. “Se mettiamo la politica da parte per il bene comune, sappiamo fare cose buone” ha commentato dopo la votazione il segretario di Stato americano John Kerry. “La stessa determinazione che abbiamo dimostrato stasera – ha aggiunto – dobbiamo dimostrarla per porre fine alla guerra in Siria”.

Le ispezioni in Siria degli esperti internazionali dell’Opac cominceranno il lavoro sul campo già da martedì, ha detto Ban, mentre proseguono anche quelle degli ispettori delle Nazioni Unite, che ora indagheranno anche su sette altri attacchi con gas letali, tre dei quali, fa sapere l’Onu, sarebbero stati perpetrati dopo il 21 agosto. Ovvero dopo la strage di Ghouta che ha provocato l’ira del presidente Obama e la sua determinazione a condurre un blitz militare per ‘punire’ il regime di Damasco, poi sospeso in seguito alla decisione del presidente siriano Bashar al Assad di aderire alla Convenzione sul disarmo chimico.

Ma intanto, sul campo, il conflitto che in due anni e mezzo ha causato oltre 100 mila morti continua implacabile a mietere vittime. Ieri, solo nella regione di Damasco, almeno 30 persone sono state uccise e decine di altre ferite da un’autobomba esplosa in un’area a maggioranza sunnita che si oppone al regime di Assad, nella cittadina di Rankus.

 

Sednaya, villaggio cristiano a nord di Damasco (Siria)

Sednaya, villaggio cristiano a nord di Damasco (Siria)

Come rende noto il Sir, aumenta di giorno in giorno la preoccupazione dei cristiani siriani: dopo Maalula, villaggio a nord di Damasco invaso da gruppi jihadisti, è a rischio Sednaya, altro villaggio cristiano a Nord di Damasco, “cuore pulsante del cristianesimo siriano”, sede di numerosi monasteri e chiese di diverse confessioni e storico luogo di pellegrinaggi. Proseguono, inoltre, attacchi mirati contro le chiese: come appreso dall’agenzia vaticana Fides, ieri ne sono state colpite due, a Yabroud e Hassakè. “Mai nella storia della Siria avevamo registrato tali attacchi sacrileghi e settari. I siriani non lo farebbero mai, sono attacchi di gruppi stranieri e questo è un pericolo per noi cristiani” ha commentato il Patriarca greco cattolico Gregorios III Laham. Secondo quest’ultimo, ieri alle porte del villaggio di Sednaya vi è stato uno scontro armato fra gruppi armati non identificati, che tentavano di infiltrarsi in città. Un giovane greco-cattolico è rimasto ucciso. La popolazione di Sednaya è terrorizzata, consapevole di quanto accaduto a Maalula. Nell’area di Raqqa – dove è stato rapito il gesuita padre Paolo Dall’Oglio – si registrano scontri fra gruppi islamici che si combattono fra loro.

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