E’ di oltre 30 morti tra civili e militari del regime e di decine di feriti il bilancio dell’ennesimo attacco kamikaze in Siria: ad esplodere è stato un autocarro-bomba ad Hama, presso un checkpoint . A renderlo noto è stata l’agenzia ufficiale siriana Sana, dopo che la tv di Stato aveva parlato di molte vittime: si tratterebbe di un camioncino carico di oltre una tonnellata di esplosivo, condotto sul luogo dell’attentato dai ribelli. L’esplosione avrebbe fatto prendere fuoco a un furgone vicino carico di benzina, facendo così salire il numero delle persone decedute. L’Osservatorio siriano per i diritti umani attribuisce la responsabilità dell’attacco al gruppo Jabhat al-Nusra Fronte Nusra, legato ad al-Qaeda. Attivisti vicini all’opposizione hanno confermato che un’esplosione è avvenuta sull’autostrada che collega Salamiyeh ad Hama, nei pressi di un posto di blocco delle forze armate lealiste.
Intanto torna a farsi sentire lo sdegno dell’opinione pubblica internazionale alla notizia diffusa da un chirurgo britannico, David Nott, ai media inglesi: il medico, tornato dalla Siria dopo 5 settimane di volontariato in un ospedale da campo, ha raccontato alla Bbc, al Times e al Mail che i tiratori scelti dell’esercito lealista si esercitano sparando su specifici punti del corpo delle vittime civili. Punti che vengono stabiliti dai loro comandanti di giorno in giorno per verificarne le capacità e che almeno un giorno alla settimana avevano come obiettivo le pance delle donne incinte. Nott ha detto che “in un solo giorno oltre sei donne incinte sono state colpite da cecchini ed il giorno dopo altre due”. Tutte le madri si sono salvate, ma i feti nelle loro pance non sono sopravvissuti. “Le donne sono state tutte colpire all’utero, dove era stato ordinato di mirare. E questo è stato un atto deliberato”, ha spiegato Nott, che ha detto di non aver mai visto nulla di simile neanche dopo tanti anni da volontario in Bosnia, Libia e Sudan. Il medico inglese ha aggiunto che dopo qualche giorno nel Paese, con i suoi colleghi, ha iniziato a notare “uno schema sconvolgente”, su base quotidiana: “Un giorno notavi che venivano colpiti all’inguine. Il giorno dopo solo al seno sinistro, e dopo ancora solo colpi al collo. Si trattava di un gioco in cui gli snipers venivano premiati con pacchetti di sigarette“.
Intanto il segretario della Lega Araba Nabil al-Arabi, su indicazioni dell’inviato speciale dell’Onu Lakhdar Brahimi, ha annunciato che la conferenza di pace Ginevra2 si terrà il 23 novembre. Arabi e Brahimi si sono incontrati nella sede della Lega Araba al Cairo. Arabi ha comunque riconosciuto che ci sono ancora problemi da risolvere nella preparazione della conferenza. Per questo, i governi occidentali e quelli dei Paesi arabi stanno si stanno preparando ad incontrare l’opposizione siriana martedì per cercare di convincere i diversi gruppi a partecipare. Infatti, dopo l’annuncio della data della riunione in programma a Ginevra il 23 novembre, Brahimi ha avvertito che la nuova conferenza di pace non avrà luogo senza la presenza di una opposizione “credibile” e che “rappresenti un segmento importante del popolo siriano che contrasta il presidente Bashar al Assad”.
Proprio per l’incapacità di porre fine al conflitto siriano dimostrata fino ad oggi dall’Onu, l’Arabia Saudita ha annunciato di rinunciare al seggio come membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza, denunciando la politica “dei due pesi e due misure” e l’inefficacia di questo organismo per la soluzione del conflitto in Siria e del dramma palestinese.
Il riferimento primo è al conflitto siriano, in cui l’Arabia Saudita appoggia l’opposizione, e che ha visto Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio con diritto di veto, bloccare diverse risoluzioni di condanna del regime del presidente Bashar al Assad. Mosca si è detta “sorpresa” dall’annuncio. Il ministero degli Esteri russo ha affermato che “le critiche rivolte al Consiglio di sicurezza sembrano particolarmente strane” dopo la risoluzione 2118 approvata all’unanimità il 27 settembre che impone a Damasco di distruggere il suo arsenale chimico entro la metà del 2014.
La Francia, tuttavia, uno dei Paesi più critici del regime siriano, ha dichiarato la propria solidarietà a Riad. La sua decisione, ha detto l’ambasciatore alle Nazioni Unite Gerard Araud, “riflette la frustrazione della comunità internazionale per la crisi in Siria“. “E’ una frustrazione che condividiamo”, ha aggiunto il rappresentante di Parigi. Mentre il presidente turco Abdullah Gul ha osservato che la decisione di Riad è da rispettare perché denuncia il fatto che il Consiglio di sicurezza ha “perso credibilità” nella risposta alle crisi umanitarie.
Tra le accuse rivolte dall’Arabia Saudita al Consiglio di Sicurezza vi è anche il fatto che “la questione palestinese rimane da 65 anni senza soluzione“. Inoltre Riad, con riferimento all’arsenale atomico israeliano, imputa all’organismo delle Nazioni Unite “l’incapacità di sottoporre i programmi nucleari di tutti i Paesi della regione senza eccezione alla sorveglianza e alle ispezioni internazionali”. Oltre che di opporsi “ai tentativi di tutti i Paesi della regione di possedere l’arma nucleare”. Con chiara allusione all’Iran.
Già alla fine di settembre, durante l’Assemblea generale dell’Onu, l’Arabia Saudita aveva manifestato il suo malcontento quando il ministro degli Esteri, Saud al Faysal, aveva rifiutato di prendere la parola dalla tribuna.
L’Arabia Saudita, primo esportatore mondiale di petrolio, era stata eletta ieri per la prima volta come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per un mandato di due anni insieme a Ciad, Cile, Nigeria e Lituania. Fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro hanno detto all’Ansa che se Riad rimanesse ferma nella sua decisione, il candidato in prima fila a prendere il suo posto sarebbe il Kuwait.
Fonti: GRR e ANSA