Viviamo un continuo incremento della velocità dei cambiamenti. Il cambiamento c’è sempre stato nella nostra storia, ma in passato era così lento da risultare
impercettibile ai singoli. Si nasceva, si viveva e si moriva nella stessa – apparente – società. Dal tardo Settecento le cose hanno preso una ben diversa velocità. Un
contadino vissuto tra il 1770 e il 1850 avrebbe potuto assistere nell’arco della sua vita al completo rinnovamento dell’agricoltura. Naturalmente negli ultimi decenni
sperimentiamo una accelerazione senza precedenti. A volte possiamo avere l’impressione che un mondo del tutto nuovo, il mondo virtuale, si stia sovrapponendo
a quello reale. Eppure non è così.
Il mondo umano è per definizione tecnico, a partire dall’alfabeto. Ci ricordiamo de Il Conte di Montecristo? A un meravigliatissimo Dantès che gli chiede come abbia potuto
scrivere e costruire un cunicolo senza strumenti Faria dice: “Dio ha compensato l’uomo per il suo deficit corporeo attraverso l’intelligenza che permette la costruzione
di utensile”. Natura e cultura nell’uomo non sono separati, come già aveva raccontato Platone nel mito di Prometeo e Epimeteo.
Resta il fatto che una tale velocità e complessità richiedono un prendersi cura dei cambiamenti, che non possono essere lasciati al semplice automatismo.
Il lavoro degli schiavi avevano indotto a trascurare le sorgenti di energia: una cattiva politica aveva bloccato allo stesso tempo evoluzione economica e crescita etica della
società. Dopo il IV il cristianesimo vieta l’impiego di schiavi per macinare il grano: il che permette lo sviluppo della tecnologia. Nonostante le difficoltà dell’alto Medio Evo i
mulini ad acqua aumentarono molto nell’XI e XII sec. A loro volta essi diventarono una fonte di guadagno per il signore feudale che sfruttava la sua rendita di posizione: un
diritto di molitura del molino del signore, cui si aggiunge la molenda al mugnaio: sedicesima o ventesima parte del grano. Così rischia di accadere oggi a chi gestisce i
dati sul web.
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