“Sono arrivati alle 5 di mattina. Ci hanno costretti ad uscire dalla nostra casa. Ci hanno tolto i cellulari e ci hanno impedito di avvertire qualcuno. Siamo rimasti a guardare mentre i bulldozer devastavano la casa.” A parlare è la famiglia che ormai da anni abitava in una casa di Betlemme, di proprietà del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Lo scorso 28 ottobre, all’alba e senza preavviso, alcune ruspe della Municipalità di Gerusalemme, accompagnati dalle forze militari israeliane, hanno demolito l’edificio, che sorgeva nei pressi del grande quartiere ebraico di Gilo, a circa 150 metri dal checkpoint numero 300, che separa Betlemme da Gerusalemme. Si trattava di un’abitazione di 140 metri quadri, dove viveva una famiglia musulmana di 14 persone. La motivazione addotta, testimonia la famiglia, è stata la mancanza di licenza edilizia con cui l’edificio era stato costruito.

Il Patriarca mons. Fouad Twal e il vicario patriarcale mons. Giacinto Marcuzzo
“Questa volta non possiamo fare silenzio di fronte a questa ingiustizia” ha tuonato mons. Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme, che ieri si è recato sul luogo dove sorgeva l’abitazione. Con lui c’erano anche mons. William Shomali e mons. Giacinto Marcuzzo, rispettivamente vicari patriarcali di Gerusalemme e di Israele, altri rappresentanti del Patriarcato, insieme ad un gruppo di sacerdoti e consulenti legali del Patriarcato Latino e a diversi consoli di Paesi stranieri, compresi quelli di Italia e Belgio.
In una conferenza stampa tenuta proprio sul sito dell’abitazione demolita, il Patriarca ha dichiarato che “una scena così dolorosa e sconvolgente solleva il malcontento e la rabbia. Questo atto è contro la legge, la giustizia e l’umanità. Quando la municipalità e il governo israeliano attuano demolizioni e mandano via le persone dalle proprie case, aumenta l’odio e si mette in pericolo il futuro della pace. Questa terra appartiene al Patriarcato da molto prima del 1967.” La più alta carica religiosa cattolica di Terra Santa ha dichiarato di non aver ricevuto alcun ordine di demolizione da parte delle autorità israeliano. “Il Patriarcato possiede l’atto legale e tutti i documenti che ne attestano la proprietà.” A peggiorare la questione, sottolinea mons. Twal, c’è il fatto che i legali inquilini della proprietà, il sig. Salameh Abu Tarbush e la sua famiglia, siano stati colti totalmente di sorpresa.

I rappresentanti del Patriarcato Latino di Gerusalemme
“Noi siamo i legittimi proprietari – ha ribadito il Patriarca – e sentirete la nostra voce davanti ai governi di tutto il mondo. Intraprenderemo azioni legali per risolvere questa ingiustizia, per riportare indietro la giustizia e ricostruire questa casa. Abbiamo la forza di volontà e lo spirito di appartenenza a questa terra, che appartiene ai nostri antenati. Una terra sacra che è la casa del nostro passato, presente e futuro.”
Come spiega il giornalista vaticanista ed esperto di Medio Oriente Giorgio Bernardelli, in un articolo su Vatican Insider, “il fatto si inserisce in un’ondata di demolizioni di case palestinesi decretate proprio in questi giorni dalla Municipalità a Gerusalemme Est . Solitamente – prosegue Bernardelli – la motivazione ufficiale che viene data è di tipo urbanistico: Israele le abbatte perché le ritiene «costruite senza permesso», e vengono abbattute per fare spazio all’espansione dei grandi quartieri ebraici di Gerusalemme Est come Gilo e Har Homa.” La spiegazione è confermata dall’Associazione israeliana per i diritti civili in Israele (ACRI) che, in una dichiarazione rilasciata ieri, ha spiegato che la Municipalità di Gerusalemme aveva notificato in questi giorni a centinaia di famiglie palestinesi di Gerusalemme Est l’ordine di demolizione delle proprie abitazioni, costruite senza licenza.

Un ragazzo della famiglia cacciata dalla propria abitazione
La famiglia che viveva nell’abitazione, durante la manifestazione di ieri, ha raccontato ai presenti i terribili momenti dell’evacuazione, avvenuta nelle prime ore del mattino, che li ha resi improvvisamente dei senza tetto. Al momento hanno trovato una sistemazione di fortuna in alcune tende allestite dalla Croce Rossa, ma la loro situazione è drammatica.
L’avvocato del Patriarcato Latino, Mazen Copti, ha confermato l’illegalità dell’azione di demolizione, dichiarando: “Adotteremo misure legali verso la Municipalità di Gerusalemme ed il Ministro degli Interni di Israele, affinché ricostruiscano questa abitazione così com’era.”
Tra i presenti alla manifestazione di protesta, anche Don Mario Cornioli, il sacerdote di Sansepolcro che ormai da anni svolge il proprio servizio a Betlemme, per il Patriarcato Latino. Nel suo blog, in un articolo pieno di indignazione e dolore per l’accaduto, Don Mario sottolinea la presenza, a fianco di mons. Twal e dei sacerdoti del Patriarcato, di rappresentanti della Chiesa armena e di quella anglicana, minoranze cristiane presenti ormai in numero esiguo in Terra Santa “Ho scoperto così che anche loro hanno delle proprietà in quel luogo – scrive Cornioli. – Il Muro di Betlemme passasse precisamente in mezzo ai terreni degli armeni, dividendoli a metà. Non mi immaginavo che non avessero più rispetto nemmeno per la Chiesa Cattolica. Il Patriarca ha scritto una lettera di protesta al Ministro degli Interni israeliano. Questa volta una risposta ci dovrà essere”.

Il Patriarca Twal insieme ad un rappresentante della Chiesa armena
Il Ministero dell’Interno israeliano e la Municipalità di Gerusalemme hanno rifiutato di commentare l’accaduto. Come rende noto l’agenzia AFP, la demolizione si è verificata 48 ore prima di un nuovo tour del Segretario di Stato statunitense John Kerry per rilanciare il precario processo di pace. Kerry dovrebbe incontrare oggi il presidente palestinese Mahmoud Abbas proprio a Betlemme.
L’area di Gerusalemme Est, a maggioranza araba, è stata occupata e annessa da Israele dal giugno del 1967. Questa annessione non è riconosciuta dalla comunità internazionale.
Foto: Andrea Krogmann