“Gli Usa considerano gli insediamenti israeliani illegittimi e dannosi per il proseguimento del processo di pace”. Lo ha detto il Segretario di Stato americano John Kerry, oggi, al termine dell’incontro di due ore a Betlemme con il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas. Riferendosi poi ad un presunto consenso da parte del governo di Ramallah negli accordi che avrebbero permesso nuovi insediamenti israeliano in cambio del rilascio di alcuni detenuti palestinesi, Kerry ha affermato: “Voglio essere chiaro: un simile accordo non c’è mai stato”.

John Kerry e Benjamin Netanyahu
La visita del Segretario di Stato era iniziata con un incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, nel tentativo di rilanciare un fragilissimo processo di pace.“Sono preoccupato in merito ai progressi – ha dichiarato Netanyahu -perché vedo che i palestinesi continuano a creare crisi artificiali, rifuggendo da decisioni storiche, necessarie a una pace vera”.
Al centro dei colloqui con il Primo Ministro israeliano ancora la questione dei confini di un eventuale Stato palestinese, il problema della sicurezza, il destino dei rifugiati palestinesi e il futuro delle colonie israeliane nei territori occupati. Su quest’ultimo punto il governo Netanyahu non sembra disposto ad alcuna concessione. Lo dimostra la perseveranza con cui si sta portando avanti la politica di colonizzazione, con la costruzione di nuovi abitazioni e la distruzione di quelle appartenenti ai Palestinesi, soprattutto nella zona “calda” di Gerusalemme Est: eclatante e senza precedenti il caso dell’edificio di proprietà del Patriarcato Latino di Gerusalemme, a Betlemme, demolito pochi giorni fa dalle ruspe della Municipalità di Gerusalemme.
L’unico a mostrarsi fiducioso sembra Kerry, che all’avvio dell’incontro con il premier israeliano ha dichiarato che le difficoltà saranno superate “Questo è il motivo per cui sono qui. Ciò può essere raggiunto con buona fede e con seria volontà da entrambe le parti”, ha dichiarato, chiedendo sia a Netanyahu che ad Abbas di prendere “compromessi reali e decisioni difficili. Abbiamo bisogno di spazio per negoziare privatamente, segretamente, tranquillamente, e continueremo a farlo. Abbiamo sei mesi di fronte a noi nel calendario stabilito e sono fiducioso che sapremo fare progressi”.
Ma sono ben pochi, tra israeliani e palestinesi, a credere che verrà raggiunto un accorso definitivo e duraturo allo scadere dei nove mesi, iniziati con la ripresa dei negoziati lo scorso luglio e già fermi su ostacoli che sembrano, come sempre, insormontabili.