
Padre Raed Abusahliah,
direttore di Caritas Gerusalemme
La lista delle emergenze è lunga e drammatica. Elencarla è un compito al quale padre Abusahlia non si sottrae, anzi, la sua denuncia si fa più vibrante anche nei toni di voce: “A Gaza mancano carburanti e combustibili, l’energia elettrica viene erogata solo per poche ore al giorno, il lavoro resta un miraggio e muoversi è molto difficile, dal momento che non si può né entrare né uscire”. Ad aggravare le condizioni di vita della popolazione è l’inquinamento: “Tutto il sistema fognario di Gaza e degli insediamenti vicini sversa direttamente in mare, inquinandolo”. Il direttore della Caritas è reduce da una visita nella Striscia, all’inizio dell’estate, ed il ricordo è nitido: “Anche le coste di Gaza sono un disastro ecologico. In ogni momento potrebbe sprigionarsi un’infezione o un’epidemia. Gli scarichi a mare hanno ucciso i pesci e a causa dell’embargo le navi dei pescatori non possono spingersi in mare aperto”. E adesso gravi problemi si stanno presentando per l’acqua potabile ritenuta imbevibile. Le falde, infatti, sono contaminate da acqua salmastra e da infiltrazioni dei liquami di fogna e spazzatura; anche l’acqua desalinizzata, venduta a caro prezzo, non è in realtà potabile. Secondo alcune notizie di agenzia, che riportano le dichiarazioni di Ateya al-Bursh, direttore dei laboratori ambientali di Gaza, “l’acqua è chimicamente e fisicamente inquinata”.