Dal numero 41 di Toscana Oggi, in uscita questa settimana, riportiamo l’articolo di Luca Primavera, giornalista del settimanale regionale e dell’emittente TSD, in occasione del viaggio in Terra Santa organizzato dalla Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici).
REPORTAGE DALLA TERRA SANTA
Per poter sopravvivere i cristiani puntano su scuola e educazione
di Luca Primavera

Basilica del Santo Sepolcro, la “scala inamovibile”
Osservando la facciata della Basilica del Santo Sepolcro è possibile notare una piccola scala a pioli di legno appoggiata su un cornicione ai piedi di una monofora. È lì dal 1854. La chiamano la “scala inamovibile” ed è il simbolo del cosiddetto “Status quo“, ovvero il decreto che regola i diritti di proprietà e di accesso delle comunità cristiane all’interno del Santo Sepolcro, della tomba di Maria a Gerusalemme e della Basilica della Natività a Betlemme. Lo Status quo assegna la Basilica quasi interamente ai greci ortodossi, regolando tempi e luoghi di adorazione e celebrazione anche per i cattolici (rappresentati dall’Ordine francescano), gli armeni, i copti, i siri e gli etiopi. Dal XII secolo due famiglie musulmane sono custodi della chiave dell’unico portone di ingresso, sul quale nessuna Chiesa ha diritto. Da quando il Sultano ha emanato lo Status quo nel 1852 nulla è cambiato.
Quello della scala inamovibile rappresenta bene parte del complesso intreccio di storie e culture che compongono l’affascinante mosaico della Terra Santa. Una terra dove vivono fianco a fianco ebrei, musulmani e cristiani, tre comunità a loro volta differenziate al loro interno da una varietà di tradizioni, lingue, riti, provenienze e orientamenti difficili da contare. “Il concetto di identità – spiega padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa – è molto importante, ma è inteso in maniera differente rispetto a quanto si fa in Occidente. È definito dalla propria religione. Appartenere a una fede, significa appartenere a una comunità”. Lo sanno bene i cristiani di questa terra, un piccolo “resto” che ha custodito la fede nei secoli. Oggi non arrivano nemmeno al due per cento della popolazione tra cattolici latini, ortodossi e protestanti. “Il loro numero in termini assoluti è stabile – aggiunge padre Pizzaballa – mentre cala in termini percentuali”. Il conflitto israelo-palestinese si combatte infatti anche dal punto di vista demografico. Gli ebrei, ma soprattutto i musulmani, fanno più figli. E i cristiani, in maggioranza arabi, si trovano ad essere una minoranza nella minoranza. Rifiutati dagli altri arabi, perché non musulmani e da Israele perché non ebrei.

L’asilo della comunità melchita
a Maalot-Tarshiha (Galilea)
In questo contesto, dove le singole comunità difficilmente si contaminano e le identità dipendono in buona parte dalla famiglia in cui si nasce, assumono un’importanza strategica la scuola e l’educazione. Nel villaggio di Maalot-Tarshiha, a pochi chilometri da Nazareth, nel cuore della Galilea, incontriamo una piccola comunità melchita. Mentre ci accolgono nella sala parrocchiale alla compagnia del parroco (sposato) e delle suore cattoliche italiane dell’ordine di Santa Dorotea, da fuori giunge la cantilena di un muezzin. Il sogno di questa comunità è quello di concludere i lavori per la realizzazione di una scuola cristiana privata da affiancare all’asilo che funziona a pieno regime. Sono già state realizzate cinque aule, ma per l’agibilità dei locali mancano ancora un nuovo ingresso e un rifugio antibomba. “La scuola statale – spiegano appassionatamente alcuni rappresentanti della parrocchia – sta vivendo una grande crisi: c’è molta violenza. Noi vorremmo oltre che elevati standard degli insegnamenti anche un’adeguata formazione morale per i nostri figli”. Le scuole cristiane in Terra Santa sono all’avanguardia e di gran lunga le migliori.

Il gruppo di giornalisti della Fisc con il Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal
A fianco della situazione relativamente semplice dei cristiani che vivono in Galilea, c’è quella assai complicata di quelli che vivono in Cisgiordania e a Gaza. “La Palestina è sottoposta ad una vera e propria occupazione militare. Lo dovete scrivere nei vostri giornali! La Chiesa è rimasta l’unica a dire la verità. Le autorità israeliane puntano a ‘gestire’ l’occupazione, ma non a ‘risolverla’ “. A pronunciare queste parole, non è un estremista facinoroso, ma il Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal. Ci accoglie calorosamente a Gerusalemme nella sede del Patriarcato, con il suo stile schietto e fraterno. Al suo fianco c’è don Mario Cornioli, originario di Sansepolcro e incardinato a Fiesole, che presta il suo servizio a Betlemme e in tutta la Terra Santa.

Il gruppo con il francescano padre Ibrahim Faltas
Padre Ibrahim Faltas ci accoglie con un largo sorriso. È diventato “famoso” dopo che nel 2002, quando era parroco di Betlemme, ha vissuto nella basilica della Natività 39 giorni assediata dalle truppe israeliane che inseguivano dei militanti palestinesi armati. Oggi ci mostra il centro giovanile a Beit Hanina, poco lontano da Gerusalemme, dove oltre alle già tante attività adesso i giovani avranno un nuovo campo sportivo e un campetto da calcetto in erba sintetica. È preoccupato per la crescente tensione e reputa possibile fra non troppo tempo lo scoppio di una nuova intifada, la terza.

padre Marwan Dides, direttore
della scuola cristiana di Betlemme
Non è dello stesso avviso padre Marwan Dides, direttore della scuola cristiana di Betlemme, anche lui francescano. “La gente è stanca e ha voglia di una vita normale. Se ci sarà una terza intifada verrà dall’alto e non dal basso”. Sa bene quali potrebbero essere le conseguenze. Suo fratello è stato ucciso senza un chiaro motivo nel corso della seconda intifada mentre andava a Jenin per portare delle medicine. A distanza di anni da quella tragedia, l’Autorità palestinese, oltre ad avergli consegnato il “Certificato di martire”, continua a inviargli un piccolo sussidio e un paio di confezioni di cibo in scatola ogni tanto.
Vera Baboun è il primo sindaco donna della Palestina. È cristiana, ha cinque figli, ed è vedova. Suo marito aveva preso parte alla prima intifada e per questo era stato incarcerato ed è morto. Nei suoi occhi azzurri e penetranti c’è una forza misteriosa, si percepisce il carisma e il fascino di un leader. “Da quando è stato costruito il Muro – ci spiega – è cresciuta un’intera generazione che non ha potuto vedere il Santo Sepolcro. Se è importante per voi che venite dall’Italia, potete immaginare il significato che ha per noi”. Betlemme dista una manciata di chilometri da Gerusalemme. Per i palestinesi che ci vivono la Città Santa non è raggiungibile. A separarle c’è un muro alto 12 metri e un check point che controlla chi vuole passare dall’altra parte. Impronte digitali, approfondite perquisizioni e lungaggini imponderabili, rendono di fatto ogni passaggio, quando riesce, un terno al lotto. Pochi giorni fa un ragazzo palestinese è stato ucciso da un militare israeliano mentre sedeva a fianco di suo padre nell’auto che attendeva di essere perquisita.
Ogni mattina prima che sorga il sole centinaia di persone si mettono ore in fila per superare i controlli e andare al di là del muro. Lo fanno per cercare un lavoro a giornata, racimolare qualche shekel e trovare di che vivere. Molti di loro si sottopongono all’estenuante trafila dei check point solo per annusare un po’ di libertà.
Intanto, a fianco dei soldati israeliani armati di tutto punto, nei pressi del varco che separa la Palestina da Israele, don Mario Cornioli e la sua comunità, ogni venerdì, si armano di crocifissi e corone e “sparano” – come dice lui – rosari ai piedi di un muro che sembra invalicabile.

Il gruppo di giornalisti della Fisc con Don Mario Cornioli
IL VIAGGIO DELLA FISC
La Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici premia i giornalisti vincitori del concorso «8 per mille senza frontiere» con un viaggio in Terra Santa. Quest’anno il pellegrinaggio si è svolto dal 6 al 10 novembre toccando Nazareth, Gerusalemme e Betlemme affiancando alla visita ai luoghi sacri, l’incontro con alcune comunità cristiane e personalità. A prendervi parte i sei giornalisti premiati, provenienti da tutta Italia, tra cui l’aretino Luca Primavera, giornalista di Toscana Oggi e TSD. Insieme a loro, il presidente della Fisc Francesco Zanotti, il vicepresidente don Bruno Cescon, il vicedirettore dell’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese don Alberto Brignoli e Vincenzo Corrado, caposervizio dell’Agenzia Sir. Nel villaggio di Maalot-Tarshiha, è stata incontrata la comunità melchita che sta cercando di realizzare una scuola. A Betlemme il gruppo ha visitato la scuola dei francescani che sta portando avanti metodi educativi innovativi, il laboratorio presepiale artigianale promosso dall’Organizzazione non governativa Vis dei salesiani e la casa di accoglienza per bambini con gravi disabilità delle suore del verbo Incarnato dove presta servizio anche il sacerdote biturgense don Mario Cornioli.
Foto Luca Primavera e Laura Dall’Olio