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Israele, è morto l’ex premier Ariel Sharon. Ecco chi era il “falco”

12/01/2014 / Redazione / Blog, Terra Santa
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E’ morto dopo otto anni di coma l’ex premier israeliano Ariel Sharon. Arik il ‘bulldozer’, ritenuto indirettamente responsabile della strage di Sabra e Chatila, aveva 85 anni. Il 4 gennaio del 2006 era stato colpito da una grave emorragia cerebrale nel pieno di una campagna elettorale alla testa del nuovo partito centrista Kadima, proiettato verso la vittoria con la promessa di negoziare la pace con i palestinesi. E’ “la fine di un’era”, titolano i media israeliani nel riferire la notizia della morte di una delle figure più controverse della storia di Israele. Sharon ha continuato a combattere per la sua vita fino all’ultimo “contro tutte le difficoltà”, ha riferito il professor Shlomo Noi, direttore dello Sheba Medical Center di Tel Hashomer, dove era ricoverato il vecchio leader. Il cuore di Sharon, ha spiegato Noi dando la notizia ufficiale della morte, aveva subito un indebolimento e l’ex premier “si è separato pacificamente dalla sua famiglia”. L’ex premier verrà onorato lunedì con funerali di Stato, ai quali è attesa la partecipazione di numerosi leader mondiali. La camera ardente verrà allestita alla Knesset, il Parlamento di Israele. Sharon aveva espresso la volontà di essere seppellito accanto alla moglie Lily, scomparsa per un tumore nel 2000, su una collina nei pressi del suo ranch, nel sud di Israele. Era un “mio caro amico”, ha ricordato il presidente israeliano Shimon Peres, piangendo la scomparsa dell’ex premier. Sharon, ha detto ancora il presidente israeliano, fu un soldato coraggioso eduno statista, oltre che uno dei più grandi difensori di Israele. L’ex premier, ha aggiunto Peres, fu un leader senza paura, che sapeva prendere decisioni ed agire di conseguenza. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ricorda come “un grande guerriero e leader militare”, esprimendo il suo “profondo cordoglio” per la scomparsa dell’ex premier, che “vivrà per sempre nel cuore della nazione”.

La reazione dei leader palestinesi

Di segno opposto la reazione dei palestinesi. Hamas, movimento islamista che governa la Striscia di Gaza, parla di un ”momento storico” che segna la ”scomparsa di un criminale con le mani sporche di sangue dei palestinesi”. ”Sharon era un criminale ed è stato tra i responsabili dei disastri per il popolo palestinese”, ha affermato Salah el-Bardaweel, portavoce del gruppo islamico. ”Preghiamo perché Sharon e tutti i leader sionisti che hanno commesso massacri contro il nostro popolo vadano all’inferno – ha aggiunto. – Quando i palestinesi pensano a Sharon, ricordano solo dolore, sangue, torture, crimini. Non riusciremo mai ad essere dispiaciuti per la sua morte”. Anche per Fatah, il partito del premier Abu Mazen, ”Sharon era un criminale, responsabile dell’assassinio di Yasser Arafat, e lo avremmo voluto vedere davanti al Tribunale penale internazionale come responsabile di crimini di guerra”, dice il dirigente del partito palestinese, Jibril Rajub.

Le parole dei leader mondiali

Condoglianze per la morte di Sharon sono arrivate dai principali leader mondiali. Il presidente americano Barack Obama ha descritto il politico scomparso come un leader che “ha dedicato la sua esistenza allo Stato di Israele”. Anche l’ex presidente Usa Bill Clinton e la moglie Hillary, ex segretario di Stato, celebrano un leader che “ha dato la vita ad Israele, per farlo nascere, sostenerlo e proteggerlo e al termine della sua lunga carriera per creare un nuovo partito politico che lavorasse per una pace giusta ed una sicurezza duratura. E’ stato un onore – sottolineano – lavorare con lui, discutere con lui e guardarlo cercare sempre la strada giusta per il suo amato Paese”. Il presidente russo Vladimir Putin ricorda l’ex premier come ”un uomo di Stato ed un comandante militare straordinario”.”Ariel Sharon è stato una delle figure più significative della storia di Israele – per il premier britannico David Cameron – e come premier ha preso decisioni coraggiose e controverse nel perseguimento della pace, prima di essere cosi tragicamente reso inabile”. Come un “attore di primo piano nella storia del suo Paese”, lo ricorda il presidente francese Francois Hollande, aggiungendo che Sharon “dopo una lunga carriera militare e politica, scelse di dialogare con i palestinesi”. Il cancelliere tedesco Angela Merkel rende omaggio ad “un patriota israeliano che ha reso un grande servizio al suo Paese. Con la sua coraggiosa decisione di ritirare gli insediamenti israeliani dalla Striscia di Gaza – sottolinea Merkel – compì un passo storico verso la riconciliazione con i palestinesi e la soluzione dei due Stati”.

Chi era il “falco”

Amato e detestato, Ariel Sharon rimane un protagonista controverso della storia d’Israele: eroe della Guerra del 1973, simbolo negativo in gran parte del mondo dopo l’invasione del Libano e la strage di Sabra e Chatila nel 1982, accusato di aver acceso la scintilla della seconda Intifada nel 2000, si è poi conquistato l’ammirazione internazionale con il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza nell’estate del 2005. Soprannominato il ‘bulldozer’, per la sua determinazione a superare gli ostacoli senza tener troppo conto delle regole e per il possente aspetto fisico – 125 chili dichiarati prima del coma – Sharon era abituato a parlare con franchezza senza curarsi della reazione altrui. L’ex primo ministro israeliano, che avrebbe presto compiuto 86 anni, era nato il 26 febbraio 1928 nella cooperativa agricola di Kfar Malal in quello che poi sarebbe diventato lo Stato d’Israele, figlio di due appassionati sionisti giunti dalla Russia, Samuil e Vera Schienermann. Ha sempre conservato l’amore per la terra, scegliendo di risiedere gran parte del tempo nel suo ranch nel deserto del Negev, ”I sicomori”. Membro dell’esercito clandestino ebraico della Haganah sotto il mandato britannico, combatté come capo plotone nella Guerra del 1948-49 che seguì alla nascita d’Israele e fu gravemente ferito nella battaglia per sollevare l’assedio a Gerusalemme. Lasciò il servizio militare nei primi anni Cinquanta, ma fu richiamato e ottenne il comando della prima unità di forze speciali dell’esercito, l’Unità 101. In quegli anni condusse una serie di spedizioni militari punitive, compresa quella del 1953 contro il villaggio di Qibya in Cisgiordania, in cui furono rase al suolo gran parte delle case e uccisi una sessantina di palestinesi. Sharon lasciò nuovamente l’esercito nel 1973 con il grado di generale, ed entrò in politica contribuendo alla nascita del partito di destra del Likud e facendosi eleggere alla Knesset, il parlamento israeliano. Ma con lo scoppio della Guerra dello Yom Kippur il 6 ottobre 1973, tornò al comando di un’unità della riserva. Individuata una breccia fra la seconda e la terza armata egiziana nel deserto del Sinai, attraverò il canale di Suez con una brillante mossa che rappresentò un punto di svolta nella guerra verso la vittoria israeliana. Fra il 1975 e il 1977 fu consigliere per la sicurezza del premier laburista Yitzhak Rabin. Quando poi il Likud vinse per la prima volta le elezioni nel 1977, Sharon diventò ministro dell’Agricoltura svolgendo un ruolo di primo piano nel programma di costruzione d’insediamenti ebraici avviato a Gaza e in Cisgiordania. Nel 1982, come ministro della Difesa, fu l’artefice della controversa invasione del Libano, mandando l’esercito fino a Beirut senza esplicitamente avvertire il primo ministro Menachem Begin. L’attacco portò alla fuga del leader dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) Yasser Arafat da Beirut, ma si risolse anche nel massacro di migliaia di palestinesi nei campi profughi libanesi, ad opera delle milizie cristiane. Sharon fu destituito dal suo incarico nel 1983 dopo che una commissione d’inchiesta israeliana lo ritenne indirettamente responsabile del massacro nel campo di Sabra e Chatila. La carriera politica di Sharon sembrava allora seriamente compromessa, e Arik ricoprì negli anni Ottanta incarichi ministeriali minori. Contrario agli accordi di Oslo con i palestinesi del 1993, Sharon tornò alla ribalta politica nel 1998 quando l’allora primo ministro del Likud Benyamin Netanyahu lo nominò ministro degli Esteri. Poi diventò leader del Likud quando Netanyahu fu sconfitto alle elezioni del 1999. Nel settembre 2000, poco dopo il fallimento dell’incontro di pace di Camp David fra l’allora premier laburista Ehud Barak e Arafat, Sharon si recò sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme. Una “passeggiata” che passò alla storia: quel gesto fu la scintilla per l’inizio della violenta stagione della Seconda Intifada. La distruzione di fatto del processo di pace avviato a Oslo portoò al crollo della fiducia degli israeliani in Barak. Sharon ottenne una schiacciante vittoria elettorale il 6 febbraio del 2001 promettendo ”sicurezza e una vera pace”. Ma i primi anni del suo governo furono segnati dal duro confronto contro la crescente violenza dell’Intifada e l’ondata di attentati suicidi: Sharon confinò Arafat nel suo quartier generale di Ramallah e condusse una vasta offensiva militare in Cisgiordania nella primavera del 2002. Rieletto trionfalmente nel 2003, stretto alleato dell’allora presidente americano George Bush Senior, Sharon è stato anche il capo di Governo che ha avviato la costruzione del controverso muro di difesa in Cisgiordania. Ma anche il primo leader del Likud a parlare di un futuro Stato palestinese in seguito ad un accordo di pace, che avrebbe portato a ”dolorose concessioni” da parte israeliana. Nel febbraio del 2004, Sharon annunciò la sua intenzione di lasciare unilateralmente la Striscia di Gaza. ”Come uomo che ha combattutto in tutte le guerre israeliane, ed ha imparato dalla propria esperienza personale che senza una vera forza non abbiamo possibilità di sopravvivere in questa regione che non mostra pietà per i deboli, ho anche imparato che la spada non può da sola decidere l’aspra disputa per questa terra”, spiegò in Parlamento nell’ottobre 2004. L’11 novembre, la morte del suo avversario Arafat, seguita dall’avvento del moderato Mahmoud Abbas alla testa dell’Autorità nazionale palestinese, aprì una nuova stagione di speranza di pace, sottolineata dal cessate il fuoco di fatto proclamato dai due leader l’8 febbraio 2005 a Sharm el Sheikh, nel solco del piano internazionale per il Medio Oriente della Road Map. Sharon condusse il ritiro unilaterale da Gaza malgrado la forte opposizione dei coloni e di parte del suo partito (fra cui l’attuale primo ministro Netanyahu). Forte del plauso da lui ottenuto sulla scena internazionale, Sharon decise nel novembre 2005 di iniziare una nuova avventura politica, lasciando il Likud e fondando il nuovo partito di centro Kadima (avanti), con esponenti del Likud, personalità indipendenti e laburisti. L’obiettivo del nuovo partito doveva essere il raggiungimento di un accordo di pace stabile con i palestinesi, per due stati che vivano a fianco in pace e sicurezza. La devastante emorragia cerebrale del 4 gennaio 2006 ha messo fine all’avventura politica di Sharon. In questi anni l’ex premier è stato assistito dai figli Omri e Gilad, che hanno invano sperato in un suo risveglio. Nonno di numerosi nipoti, Sharon aveva perso il figlio maggiore, Gur, nel 1967, ed era due volte vedovo: la prima moglie Margalit morì nel 1962. La seconda , Lily, sorella della prima, morì nel 2000.

Fonte: ADNKronos

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