Come può la Striscia di Gaza – un luogo per definizione chiuso e con pochissimi collegamenti verso l’esterno – costituirsi come una finestra sul mondo? Che tipo di mondo può essere visto dalle finestre delle case di Gaza? Quanti di questi edifici esistono ancora dopo le guerre che hanno interessato questa striscia di terra? Chi sono le persone che guardano fuori da queste finestre? Che cosa vedono i loro occhi?
“A window on Gaza. A project on training journalism” (“Una finestra su Gaza. Un progetto di formazione in giornalismo”) è un progetto che si sta realizzando in questi mesi, attraverso una collaborazione tra ATS pro Terra Sancta (la Ong della Custodia francescana di Terra Santa), ALMED – Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Al-Azhar University di Gaza.
Si tratta di un corso di formazione per giovani studenti gazawi, il cui obiettivo è quello di raccontare le storie che si possono cogliere dalle finestre di Gaza, attraverso suoni ed immagini. Attraverso questo progetto si vuole contribuire a rafforzare la voce di coloro che a Gaza vivono, tra mille drammi quotidiani, ma anche mostrare che la Striscia ha molte bellezze da offrire, troppo spesso oscurate dal fumo dei bombardamenti.

I partecipanti al progetto
25 studenti del diploma in Journalism and Public Relations dell’Università Al Azhar di Gaza hanno già preso parte ad un’intensa settimana di workshop guidato da due professionisti italiani provenienti dal Master in Giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale dell’ALMED di Milano. Nei mesi a venire, i giovani gazawi lavoreranno sulla produzione di report giornalistici, moviemaking e webdocumentary. Nuove competenze verranno stimolate nell’uso di smartphone e social network per la creazione e diffusione di prodotti giornalistici professionali. Saranno create, e saranno presto visibili online, una piattaforma wordpress e una pagina sui principali social network, per la condivisione dei contenuti realizzati.
“Gaza ha molte bellezze da offrire, – spiega Alaa, una degli studenti partecipanti – ma nessuno le ha mai viste al di fuori da qui, perché di Gaza ci si occupa solo quando viene bombardata da Israele”. Da qui l’idea di far vedere di Gaza City anche ciò che è bello: il mare, alcuni locali notturni, un parco giochi, la nuova moschea monumentale.
Certo, quel che prevale è il racconto quotidiano e la constatazione che ogni giorno, quando non ci sia la complicazione di un attacco aereo imminente, non è quasi mai un buon giorno. Fathi, un altro degli studenti impegnati nel workshop, lo fa capire chiaramente da un video, girato durante uno dei frequentissimi blackout a Gaza: “Si intitola Diritto al divertimento: ho filmato dei bambini che smettono di giocare alla playstation appena manca la luce e decidono di continuare a giocare, tradizionalmente, per strada”. Peccato che non si tratti di una scelta, ma di una necessità. Di quelle necessità che fanno virtù, pazienza e sopportazione, almeno per chi non ha voce in capitolo nella politica, nemmeno in quella, locale e pericolosa, della Striscia.
Fonti: ATS pro Terra Sancta e Almed