Nell’Eucaristia, “amiamo come Gesù vuole che amiamo”, soprattutto “i fratelli e sorelle più bisognosi?”. A chiederlo è stato oggi il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale ha esortato a interrogarci su “come viviamo l’Eucaristia”. “Quando partecipiamo alla Messa – ha esordito il Papa – ci ritroviamo con uomini e donne di ogni genere: giovani, anziani, bambini, poveri e benestanti, originari del posto e forestieri, accompagnati dai familiari e soli”. “Ma l’Eucaristia che celebro – ha chiesto subito dopo – mi porta a sentirli tutti, davvero come fratelli e sorelle? Fa crescere in me la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange? Mi spinge ad andare verso i poveri, i malati, gli emarginati? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù?”. “A Roma, in questi giorni – ha proseguito il Papa – abbiamo visto tanti disagi sociali, o per la pioggia che ha fatto tanto male a quartieri interi, o per la mancanza di lavoro, per questa crisi sociale da tutto il mondo”. Di qui la necessità di domandarci: “Come vivo questo? Mi preoccupo di aiutare, di avvicinarmi, di pregare per loro che hanno questo problema o sono un po’ indifferente? O forse mi preoccupo di chiacchierare: ‘come era vestito quello, come era vestita quella’…”.
“Tante volte si fa questo nella Messa, e non si deve fare!”, ha ammonito il Papa: “Dobbiamo preoccuparci per i nostri fratelli e le nostre sorelle che hanno bisogno, che hanno una malattia, un problema. Pensiamo ai nostri fratelli e sorelle che hanno un problema qui a Roma, per la tragedia della pioggia e per il problema sociale del lavoro”. Ritorna, così, la domanda iniziale con cui il Papa ha iniziato la catechesi odierna, quando tornando sul tema dell’Eucaristia ha chiesto: “Che cosa è per noi? È solo un momento di festa, una tradizione consolidata, un’occasione per ritrovarsi o per sentirsi a posto, oppure è qualcosa di più? Fare memoria di quanto il Signore ci ha amato e lasciarsi nutrire da Lui – dalla sua Parola e dal suo Corpo – tocca realmente il nostro cuore, la nostra esistenza, ci rende più simili a Lui, oppure resta una parentesi, un momento a sé, che non ci coinvolge e non ci cambia?”. Tra i “segnali molto concreti per capire come viviamo tutto questo”, Papa Francesco ha citato per primo “il nostro modo di guardare e considerare gli altri”. Gesù, ha ricordato, “amava stare con i discepoli e con le persone che aveva modo di conoscere”, e questo significava per lui “condividere i loro desideri, i loro problemi, quello che agitava la loro anima e la loro vita”.
Fonte: AgenSir