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Guerra, dolore e speranza: i diari di due sacerdoti aretini

23/04/2014 / Redazione / Featured, Notizie
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Dal numero 16 de La Voce di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, fascicolo diocesano di Toscana Oggi, pubblichiamo l’articolo di don Romano Bertocci, realizzato in occasione dei 69 anni dalla Liberazione. Dagli anni più difficili, le storie dal volto umano di don Roberto Arniani e don Tarcisio Brogi.

Della rievocazione di quello che ha rappresentato la Seconda guerra mondiale con i suoi grandi eventi che hanno ridisegnato la carta geografica e politica dell’Europa con conseguenze anche per tutti gli altri continenti, le piccole storie finiscono per assumere un non-senso. Eppure quelle «scorie» sono i segni di una partecipazione o coinvolgimento dal basso al fluire significativo della grande storia.

La Voce n°16

La Voce n°16

Già la Diocesi aveva ricordato nel 1984 gli avvenimenti della Seconda guerra mondiale con varie iniziative, promosse da un comitato apposito. Attraverso diversi supporti: interviste, cimeli, stampa, fotografie, diari e registri si elaborò un ricco spaccato della storia della diocesi di quel periodo.

Ora nella ricorrenza del 70esimo anno di quei tragici fatti, si possono segnalare, su la base di quel poco che ci riportano due concisi appunti, quello che accadde in una zona limitata della diocesi. Lo spunto ci viene fornito da alcuni diari, conservati nell’archivio vescovile.

Ne sono stati estensori due parroci, rispettivamente di Starda, don Roberto Arniani e di Pontenano, don Tarcisio Brogi. La zona interessata, strategicamente importante, in quanto territorio montuoso, si prestava a operazioni di offesa-difesa o anche di riparo. E proprio in quei luoghi, rispondenti all’ambito delle parrocchie sopra citate, operarono prevalentemente, a più riprese, reparti dell’esercito tedesco e gruppi di partigiani.

I parroci di fronte ai contendenti si trovarono massicciamente coinvolti, non per sostenere una parte, ma per proteggere le persone del loro gregge. Qui siamo al centro del motivo della nostra rievocazione.

Quei sacerdoti, possiamo subito rilevare, che si dimostrarono validi e coraggiosi pastori. La formazione, che avevano ricevuto in seminario funzionò alla grande: la loro energia di giovani si associò alla responsabilità, preoccupati, come furono, del bene spirituale e materiale delle persone. Come prova di questo atteggiamento dobbiamo citare i fatti a prova del loro esemplare comportamento.

DON TARCISIO E QUELLA CONDANNA A MORTE

Don Tarcisio era ancora entusiasticamente contento per l’accoglienza che aveva ricevuto nel suo ingresso in parrocchia: «La chiesa si riempì di gente e l’altare della Madonna di fiori e di lumi».

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Ma avvenimenti di altro genere subito incalzarono: La caduta del fascio aveva provocato la liberazione dei prigionieri, concentrati nel campo di Laterina, che, numerosi, si dispersero nei monti vicini. La località di Pontenano, priva di una strada carrozzabile, si prestava come sicuro riparo. Questa situazione di ritenuto isolamento fu invece occasione di episodi drammatici in cui il parroco fu coinvolto o per un intervento al di sopra delle parti o direttamente, in quanto c’erano di mezzo delle persone o dei valori da difendere. Così accadde per la condanna a morte da parte dei partigiani di due giovani fascisti per quali il parroco cercò in ogni modo di intercedere, ottenendo però solo di assisterli spiritualmente.

Il suo dolore fu grande tanto che lo stesso annota, «tornando di notte, entrai in chiesa, mi trattenni un po’ a pregare, poi salii in camera e con un nodo alla gola mi buttai sul letto». Simili tragiche situazioni si ripeterono con i tedeschi e successivamente con gli inglesi, con i quali tuttavia la figura del sacerdote, in genere rispettata, evitò conseguenze dolorose. Al di là di vicende ricordate, don Tarcisio in quella situazione emerge mise a disposizione tutto se stesso: fece vita comune con i suoi parrocchiani dividendo insieme anche i pasti. Verso la fine del suo diario, in una condizione di assoluta precarietà una notte si accorse che, mentre stava prendendo sonno, all’uscio della camera c’era la neve. La canonica e la chiesa erano ormai impraticabili: per cui dovette accomodarsi presso una famiglia di Cerreto, un paese vicino. Ma non era finito il suo impegno: passato il ciclone, cito testualmente, «il povero parroco dovette fare da muratore, da manovale, e correre con sacchi di formaggio in cerca di tegole, tegolini e tutto quello che serviva per la canonica e la chiesa che tornò presto a risuonare di preghiere e di canti».

DON ARNIANI E L’INGLESE NASCOSTO IN CANONICA

Don Roberto Arniani, nella parrocchia di Starda, si trovò in situazioni non dissimili, se nonché, l’aver avuto a che fare quasi solo con reparti dell’esercito tedesco, facilitò la sua strategia di intervento in favore delle persone o situazioni che gli capitarono. Tutte i vari fatti possiamo anche inquadrarli in un tempo preciso perché don Roberto cita la data in cui questi sono accaduti, però a noi non interessa il punto di vista storico ma le modalità pastorali con cui si è operato. Dall’insieme degli appunti emerge la figura di un sacerdote vicino, vorrei dire «famigliare, ai suoi parrocchiani e intrepido difensore dei diritti delle persone, senza alcuna distinzione. Con questo suo carattere don Roberto è andato incontro a situazioni pericolose e difficili. Ne cito qualcuna delle numerose che gli sono capitate.

Il giorno 2 luglio 1944, per conto di don Omero Rondinini, parroco di Moncioni, stava portando, in una scatola, una somma di denaro, quando, fermato da soldati tedeschi, questi ne intimarono la consegna. Il rifiuto energico del sacerdote scoraggiò i militari dall’insistere. Altro caso: un prigioniero inglese, fuggito dal campo di Laterina, si sente male. Don Roberto lo ospita in casa, quando lo avvertono che sta per arrivare un soldato tedesco per comunicare che Starda era stata scelta come posto di osservazione. La sua imperturbabilità lo salva. Così accadde anche quando con il suo intervento salvò una ragazza dalla violenza. Da sottolineare anche la sua vicinanza a difesa dei sacerdoti della zona. L’11 luglio, sempre di quell’anno, don Diogene, parroco di Nusenna, è ricercato da due soldati intenzionati ad arrestarlo. Don Roberto si oppone e lo salva.

Frequente poi il caso di requisizione di uomini per lavorare a favore degli occupanti. In una situazione che poteva apparire molto pericolosa, per il rifiuto degli interessati, il parroco è intervenuto personalmente per quello che era stato richiesto: con i suoi attrezzi, un carro con buoi, ha sostituito renitenti.

Di fronte alle grandi tragedie che conosciamo i fatti ricordati sono ben piccola cosa, ma anche in quei frangenti c’erano persone che stavano soffrendo per cui la sensibilità delle persone intervenute a difesa o in aiuto è stata altamente significativa tanto più quando essa si presentava come manifestazione di un amore che i paesani la domenica ascoltavano proclamato dall’altare. Sulla base di quello che hanno annotato i due sacerdoti, possiamo dire che il gregge loro è stato custodito con amore.

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