“E’ stato un grande dono per la Chiesa, e ne rendo grazie a Dio. Egli mi ha guidato in quella Terra benedetta, che ha visto la presenza storica di Gesù e dove si sono verificati eventi fondamentali per l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam.” Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nel corso dell’udienza in Vaticano, durante la quale ha ripercorso i tratti più significativi del viaggio in Terra Santa che dal 24 al 26 maggio l’ha portato in Giordania, Palestina ed Israele.
Lo scopo principale del pellegrinaggio, ha ricordato il Pontefice nell’udienza, è stato quello di commemorare il 50° anniversario dello storico incontro tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora nel 1964. “Quel gesto profetico – ha sottolineato il Santo Padre – ha posto una pietra miliare nel cammino sofferto, ma promettente dell’unità di tutti i cristiani, che da allora ha compiuto passi rilevanti. Perciò il mio incontro con Sua Santità Bartolomeo, amato fratello in Cristo, ha rappresentato il momento culminante della visita.”
Hanno pregato presso il Santo Sepolcro, insieme al Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Theophilos III e il quello armeno apostolico Nourhan. “In quel luogo dove risuonò l’annuncio della Risurrezione – ha raccontato Francesco – abbiamo avvertito tutta l’amarezza e la sofferenza delle divisioni che ancora esistono tra i discepoli di Cristo; e davvero questo fa tanto male, male al cuore. Siamo divisi ancora“. Ma in quella celebrazione “abbiamo sentito forte la voce del Buon Pastore Risorto che vuole fare di tutte le sue pecore un solo gregge; abbiamo sentito il desiderio di sanare le ferite ancora aperte e proseguire con tenacia il cammino verso la piena comunione”. Come avevano fatti altri Pontefici prima di lui, Bergoglio ha chiesto “perdono per quello che noi abbiamo fatto per favorire questa divisione, e chiedo allo Spirito Santo che ci aiuti a risanare le ferite che noi abbiamo fatto agli altri fratelli. Tutti siamo fratelli in Cristo e col patriarca Bartolomeo siamo amici, fratelli, e abbiamo condiviso la volontà di camminare insieme, fare tutto quello che da oggi possiamo fare: pregare insieme, lavorare insieme per il gregge di Dio, cercare la pace, custodire il creato, tante cose che abbiamo in comune. E come fratelli dobbiamo andare avanti.”
Un altro scopo del pellegrinaggio, ha ricordato il Santo Padre, è stato quello di “incoraggiare in quella regione il cammino verso la pace, che è nello stesso tempo dono di Dio e impegno degli uomini. L’ho fatto in Giordania, in Palestina, in Israele. E l’ho fatto sempre come pellegrino – ha sottolineato – nel nome di Dio e dell’uomo, portando nel cuore una grande compassione per i figli di quella Terra che da troppo tempo convivono con la guerra e hanno il diritto di conoscere finalmente giorni di pace!”
Ribadendo quanto affermato in Terra Santa, Papa Francesco ha evidenziato la necessità di “diventare artigiani della pace. La pace si fa artigianalmente! Non ci sono industrie di pace, no. Si fa ogni giorno, artigianalmente, e anche col cuore aperto perché venga il dono di Dio.”
Durante l’udienza ha rilanciato i suoi ringraziamenti alle autorità e al popolo della Giordania per l’accoglienza riservata ai profughi provenienti dalle zone di guerra, chiedendo nuovamente “a tutte le istituzioni internazionali di aiutare questo popolo in questo lavoro di accoglienza che fa.”
“Durante il pellegrinaggio anche in altri luoghi ho incoraggiato le Autorità interessate a proseguire gli sforzi per stemperare le tensioni nell’area medio-orientale, soprattutto nella martoriata Siria, come pure a continuare nella ricerca di un’equa soluzione al conflitto israeliano-palestinese. Per questo – ha ricordato Bergoglio – ho invitato il Presidente di Israele e il Presidente della Palestina, ambedue uomini di pace e artefici di pace, a venire in Vaticano a pregare insieme con me per la pace. E per favore, chiedo a voi di non lasciarci soli: voi pregate, pregate tanto perché il Signore ci dia la pace, ci dia la pace in quella Terra benedetta! Conto sulle vostre preghiere. Forte, pregate, in questo tempo, pregate tanto perché venga la pace.
Infine, il viaggio è stato anche l’occasione per “confermare nella fede le comunità cristiane, che soffrono tanto, ed esprimere la gratitudine di tutta la Chiesa per la presenza dei cristiani in quella zona e in tutto il Medio Oriente. Questi nostri fratelli sono coraggiosi testimoni di speranza e di carità, “sale e luce” in quella Terra. Con la loro vita di fede e di preghiera e con l’apprezzata attività educativa e assistenziale, essi operano in favore della riconciliazione e del perdono, contribuendo al bene comune della società.”
“Con questo pellegrinaggio – ha concluso il Pontefice – ho voluto portare una parola di speranza, ma l’ho anche ricevuta a mia volta! L’ho ricevuta da fratelli e sorelle che sperano «contro ogni speranza» (Rm 4,18), attraverso tante sofferenze, come quelle di chi è fuggito dal proprio Paese a motivo dei conflitti; come quelle di quanti, in diverse parti del mondo, sono discriminati e disprezzati a causa della loro fede in Cristo. Continuiamo a stare loro vicini! Preghiamo per loro e per la pace in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. La preghiera di tutta la Chiesa sostenga anche il cammino verso la piena unità tra i cristiani, perché il mondo creda nell’amore di Dio che in Gesù Cristo è venuto ad abitare in mezzo a noi.”
Per quanto riguarda l’incontro di preghiera in Vaticano tra il Papa e i presidenti di Palestina ed Israele Mahmoud Abbas e Shimon Peres, il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa ha dichiarato al Sir: “Stiamo lavorando. Non c’è ancora una data fissata, ma non sarà il 6 giugno. È un venerdì. Chiuderemo presto con la data e poi discuteremo del contenuto”. Su volere di Bergoglio è stata affidata proprio a Pizzaballa l’organizzazione dell’incontro che, spiega il Custode, “avverrà prima della scadenza del mandato del presidente Peres che presumibilmente potrebbe allungarsi perché potrebbe non essere eletto alla prima votazione. Sarà comunque nei prossimi giorni”.