Da Renzi a Ghezzi passa una bella differenza, un mondo. Come tra l’esprimere un auspicio politico e un semplice saluto di un pastore al suo gregge. E certo, l’orecchio può intender male, può capitare.
Il fraintendimento, il “rumore di fondo” che disturba la comunicazione può giocare dei brutti scherzi. Buon senso vorrebbe che nel dubbio venga chiesta una precisazione, magari istantanea, di persona.
“Scusi ha detto Renzi o Ghezzi? Intendeva il Premier o il seminarista?”.
E invece accade che nell’era della comunicazione, della connessione diretta e continua, della condivisione perenne ed eterna non ci si ponga dubbio alcuno.
E come in un enorme telefono senza fili, la notizia un po’ originale “come una freccia dall’arco scocca corre veloce di bocca in bocca”.
Di post in post, di chiacchiericcio in chiacchiericcio il fraintendimento diventa verità, il “rumore di fondo” certezza. Ghezzi diventa Renzi. Un semplice seminarista diventa il Premier, per il quale il Vescovo avrebbe chiesto di pregare.
I titoli di giornale sono solo la sinfonia finale, la certificazione di “realtà”.
Titolo, foto e vai di condivisione.
E via con i commenti, con gli insulti.
E come in un tritatutto le vite delle persone, la loro storia e dignità vengono calpestate a suon di “like”, “condividi” o “retweet”.
È il mondo social bellezza: giusto il tempo d’indignarsi un po’ e arriverà la foto dolce di un gattino a tranquillizzare tutti.