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“Ci siamo amati senza il consenso di Gerusalemme”

31/03/2016 / Redazione / Blog, Featured, Notizie, Terra Santa

“Tiepida, silenziosa lungo la guancia, quell’unica lacrima”. Involontaria, umiliante, una sola lacrima basta a raccontare decenni di paura, dolore, disillusione. E l’amore diventa odio: non tanto verso gli uomini, ma verso Gerusalemme stessa. La città “dove tutti vogliono andare” diventa per i suoi abitanti una gabbia da cui si può solo scappare. Perché al-Quds, la Santa, forse lo è “solo per gli uomini, non per gli Dei”.

Non c’è retorica né buonismo in Cafè Jerusalem, spettacolo teatrale e musicale che mercoledì 30 marzo è andato in scena al Teatro Dante di Sansepolcro, su iniziativa dell’associazione Habibi. Per una sera il borgo toscano che porta nel suo nome il Santo Sepolcro si è trasformato nella vera Gerusalemme: non quella del Cielo, non quella del mito. Quella degli uomini che la abitano ogni giorno.

Da sinistra: don Mario Cornioli, Carla Peirolero, Paola Caridi, Pino Petruzzelli e i Radiodervishi (nell'ordine: Alessandro Pipino, Nabil Salameh e Michele Lobaccaro)

Da sinistra: don Mario Cornioli, Carla Peirolero, Paola Caridi, Pino Petruzzelli e i Radiodervish (nell’ordine: Alessandro Pipino, Nabil Salameh e Michele Lobaccaro)

A raccontarla è lo sguardo comune di chi l’ha vissuta: la giornalista e scrittrice Paola Caridi, che ne firma il testo, e i Radiodervish, autori dei brani musicali eseguiti dal vivo. Insieme a loro, sul palco, ci sono Carla Peirolero, che con il suo Festival Suq di Genova ha prodotto lo spettacolo insieme al Teatro Stabile di Genova, e Pino Petruzzelli, che firma anche la regia della pièce.

Sono loro a dare corpo a Nura e Moshe: lei, cristiana palestinese, è l’ultima “pietra viva” della sua famiglia, da cui ha ereditato il piccolo caffè alla Porta di Damasco, “dove batte il vero cuore di Gerusalemme”. Metà classico, metà nero e una manciata di cardamomo: è questa la ricetta del caffè perfetto, tramandata di generazione in generazione. Pare di sentire il profumo, di quel caffè, passeggiando nella Città Vecchia, con i sensi invasi dai colori e dai suoni del suq. È successo anche a Moshe, giovane immigrato ebreo che ogni giorno regala a Nura – “già sposata, già delusa, eppure viva” – uno sguardo fugace, delicato e fragile, come “una carezza sulla spalla”. Quell’amore cova nell’ombra, ma illumina la città. Per un tempo troppo breve, investito dalla guerra che avanza.

“Noi ci siamo amati senza il consenso di Gerusalemme – comprende Nura – e Gerusalemme non ci ha dato la sua benedizione”. Ognuno deve tornare nella propria cella, da una parte o dall’altra: tutti riconoscibili, sempre, come avessero “un codice a barre sulla guancia”. Perché Gerusalemme diventa un brand, e la vita di chi la abita è solo un numero. Anche oggi: la “Terza Intifada” ha campeggiato sulle prime pagine dei giornali – la definizione prima dell’analisi – per poi essere dimenticata, superata da altre guerre, altri morti, altro odio.

“Non abbiamo saputo difendere i nostri figli. Ma tu le vali le loro vite?”, grida Nura maledicendo quella città che se li è portati via. Zitta, replica Moshe, “senza Gerusalemme noi non esisteremmo”.  Perché quella città, santa e maledetta, vive dei loro cuori e del loro sangue, e viceversa.

Sul palco Pino Petruzzelli, Carla Peirolero e i Radiodervish

Sul palco Pino Petruzzelli, Carla Peirolero e i Radiodervish

L’idea di Cafè Jerusalem prende spunto da Gerusalemme senza Dio, il libro edito da Feltrinelli in cui la Caridi racconta i muri, le pietre e le idee della Città Santa. Per lei quello di mercoledì è un ritorno a Sansepolcro, dove era già stata nel dicembre 2013 per presentare il suo volume: anche quell’evento era stato promosso dall’associazione Habibi, che da alcuni anni sostiene l’attività in Terra Santa del suo presidente, don Mario Cornioli, sacerdote biturgense fidei donum in servizio presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme. È stato proprio abuna Mario ad annunciare, dal palco del Teatro Dante, la nuova sfida dell’associazione valtiberina: contribuire alla costruzione di una seconda casa per i piccoli ospiti dell’Hogar Niño Dios di Betlemme, casa famiglia per minori con disabilità, gestita dalle suore del Verbo Incarnato. “I nostri bambini sono cresciuti e dobbiamo allestire nuovi spazi per i maschi più grandi”, ha spiegato il sacerdote. L’evento di Sansepolcro, che si è concluso con il concerto dei Radiodervish, contribuirà alla nuova campagna: chi volesse fare una donazione può trovare le coordinate sul sito dell’associazione Habibi.

Per le fotografie si ringrazia Stefania Maritini – Mgmphotovideo.

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