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Visita Pastorale, l’omelia di mons. Fontana all’ospedale della Fratta

11/11/2016 / Redazione / Notizie

Di seguito l’omelia dell’arcivescovo Riccardo Fontana in occasione della Visita Pastorale all’ospedale della Fratta, a Cortona, dello scorso 7 novembre. 

 

Figli e figlie carissimi,

  1. Vicino ai malati e a chi li serve.

Sento particolarmente forte il dovere di farmi presente con voi che siete la Chiesa del Signore, gli amici di Gesù crocifisso, in ogni luogo dove vi sono persone che soffrono. Queste motivazioni interiori ci hanno condotto stamane in Cortona, all’Ospedale di Santa Margherita, per ascoltare le necessità della gente e per offrire a tutti il nostro servizio di cristiani e di sacerdoti.

La Santa di Cortona, che per prima ha costituito in questa città un luogo “Ospitale” (Rom 12,13), mettendo in pratica l’esortazione dell’apostolo San Paolo, nella Lettera ai Romani, perché concreta diventasse la fede, nell’esperienza di accogliere chi è nel bisogno.

Il nome di Santa Margherita, che la città ha voluto dare anche a questo servizio della sanità, qualifica la natura del nosocomio e ne fissa lo stile. Dove è presente Margherita non si può che essere vicini alla gente. Non ci può essere attività riservata, elitaria, esclusiva. I Cortonesi evocano il nome della loro Santa per affermare la volontà di imitarla; d’essere come lei pronti ad aiutare tutti, a curare i malati.          La Terza Stella dell’Ordine Francescano ci chiede che l’ospedale, che ne porta il nome, sia uno spazio della città dove ogni iniziativa sia ispirata a principi fondativi, che mettono in pratica il Vangelo.

  1. Le persone degli operatori e il loro stile d’agire.

San Paolo, nella parenesi della Lettera a Tito, ci invita a non considerare soltanto l’oggettiva qualità delle realizzazioni, alle quali i Cristiani danno vita, ma ci raccomanda le virtù che deve praticare chi rappresenta Cristo, Buon Samaritano. L’uomo di Dio deve essere: “irreprensibile, non arrogante, non collerico…non avido…ma ospitale, amante del bene, assennato e giusto, santo, fedele alla Parola…in grado di esortare con la sana dottrina e di confutare i suoi oppositori” (Tit 1, 7-9).

Si è credibili se alle parole corrisponde l’impegno personale ad essere conformi al Vangelo. Quando San Paolo dice “santo” vuol dire essere alternativi alla logica pagana del tempo. Una cosa sono le scelte di vita, altro la capacità di realizzarle nella perfezione, pur con la grazia di Dio. Alla santità morale speriamo di giungere nel tempo; a quella del cuore e dell’intelletto certamente si è in grado di aderire fin da subito. Agli atleti di una società sportiva è chiesto di vestirne subito la maglia, mentre è nella logica del vivere, che a prestazioni sempre più perfette si arrivi con l’allenamento e il tempo. La nostra vita cristiana è in continuo cammino; cercheremo di fare del nostro meglio. Se per ora non ci siamo riusciti, ci riproveremo.

A noi è chiesto di essere fedeli alla Parola di Dio. Ad altri, in questo, luogo compete la scienza umana, che per sua natura è umile e pronta a ricercare il vero: dall’esperienza alla legge.

A noi è chiesto di essere di riferimento al Vangelo: non ci sono due verità, ma una sola che va cercata da tutti.

Essere solleciti del bene comune è il nostro intento. Abbiamo il dovere di esortare con la sana dottrina e, dove necessario, di confutare quello che ci pare errato. Come amava dire il Santo Pontefice Giovanni XXIII, “occorre odiare il male, senza mai cessare di amare chi sbaglia”.

In particolare, la missione del cappellano è di dedizione continua alle persone che costituiscono l’ospedale: i malati, gli operatori sanitari, il volontariato.

Siamo qui per servire e per formare. Entrambi questi obiettivi si raggiungono spendendoci virtuosamente giorno per giorno, mettendo a disposizione, oltre alla competenza, la passione per la gente, che incontriamo. Non siamo “a chiamata”, come, legittimamente, altri operatori all’interno dell’ospedale. La nostra missione è di essere sempre, quotidianamente, punti di riferimento per tutti.

Non abbiamo battaglie ideologiche da fare. Siamo convinti che i Cristiani hanno il dovere di praticare un nuovo umanesimo, che si raggiunge cambiando il sistema vigente, dove non è di aiuto all’umanizzazione delle strutture. Predichiamo la conversione prima a noi stessi e, poi, agli altri. La nostra fede ci fa ritenere che è possibile che si rimedi al male, e si pratichi il bene.

  1. L’ospedale di Santa Margherita a Cortona.

Questo ospedale è una delle tante case della salute che l’Ente Pubblico assicura a tutti cittadini. La Chiesa ringrazia il personale medico e paramedico per l’impegno che, quotidianamente, viene posto per la sanità e il benessere della popolazione.

I cattolici, con parresia apostolica, non possono invece tacere di fronte a pratiche medicali e abortive, che vengono compiute in questo luogo, usando risorse pubbliche per accogliere desideri e aspirazioni di alcuni, senza tutelare le vite nascenti, pur embrionali, ricorrendo a scelte biologiche sulle quali non si può che richiamare il senso di responsabilità e la dignità genitoriale.

Non è lecito a parer nostro confondere la medicina dei bisogni, con la medicina dei desideri.

L’umanizzazione della medicina non può non passare dalla valorizzazione della vita fin dal suo concepimento, riconoscendone la piena dignità, che ne fa un valore unico e irripetibile.

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